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L’EDILIZIA MILITARE A LEROS

 

Architettura e logistica delle istallazioni militari italiane nell’isola
[contributo pubblicato nel volume “Portolago e dintorni” – ETPbooks ed, 2022]

Il visitatore odierno, con un minimo di cultura storica e architettonica, resta leggermente spiazzato visitando l’attuale centro urbano di Lakki nel trovare accostati edifici-simbolo del razionalismo di Portolago come il Mercato – Torre dell’orologio, e l’ex Caserma Marinai (oggi “Poseidonio”). Da un lato legge dell’unità di stile di una Città di Fondazione priva di preesistenze architettoniche (o almeno di preesistenze di un qualche rilievo, in realtà praticamente ignorate da tutti le poche rimaste nel contesto urbanistico del piano regolatore di Petracco). E d’altro lato difficilmente può classificare “razionalista” un edificio come la Caserma Marinai, che spicca all’occhio di chi sbarca con il ferry e che attrae subito per lo stile aggraziato che richiama il gotico veneziano.
2 piano.regolatore 2La ragione dell’equivoco risiede nell’errore di far coincidere il tessuto urbano dell’attuale Lakki con quello della precedente Portolago, che si sovrappongono solo in parte avendo la prima inglobato edifici che appartengono storicamente alla Base Navale di Gonià, all’epoca ben separate funzionalmente ed amministrativamente, e preesistente alla fondazione di Portolago.

3 caserma.reginaPer restare in ambito militare, ben diversa è la collocazione architettonica della succitata Caserma Marinai, appartenente al periodo stilistico antecedente l’adozione del canone razionalistico del pari all’immediatamente successivo Idroscalo G. Rossetti di Lepida, e quella della Caserma Mitraglieri (o Caserma Regina, che ospitava il 3° Battaglione Mitraglieri del 10° Reggimento Fanteria “Regina”, di stanza nel Dodecaneso), inglobata ed armonizzata nel contesto urbano e nel piano regolatore, e rigorosamente razionalista.
4 asdmae lepida.1923Con l’identificazione dell’isola quale punto strategico della difesa del Dodecaneso, già nel primo periodo dell’occupazione e del governatorato militare (1912-20) si erano iniziati ad istallare i primi nuclei della futura Base Navale e dell’Idroscalo con acquartieramenti in baracche di legno, hangar in tela e requisizione di fabbricati preesistenti sia a Gonià che a Lepida, come testimoniato da cartoline e fotografie della prima visita del nuovo Governatore Mario Lago nel 1923, e di depositi di carbone e di acqua a Merikià destinati al naviglio di stanza ed in transito.

Al Trattato di Losanna e la definitiva assegnazione all’Italia del Dodecaneso segue l’organica e progressiva evoluzione dell’organizzazione della difesa della piazzaforte e correlata logistica, che arriva ad assicurare alla vigilia della 2GM scorte per sei mesi per un personale militare di 8.320 unità.
6 rete.viaria.1934L’isola ha sempre avuto una popolazione disseminata nelle numerose piccole vallate, coltivate ed irrigate da pozzi e qualche sorgente, e seguendo tale vocazione, a scopi di mimetizzazione e di decentramento, tutta l’isola viene progressivamente utilizzata per ospitare edifici sia per la logistica che per il munizionamento, e le alture per l’artiglieria di difesa. Una rete viaria, la stessa attualmente utilizzata, viene creata per assicurare gli indispensabili collegamenti con un asse viario principale che la traversa da Xirokampo all’estremo sud, a Partheni e Blefouti all’estremo nord.
7 rada.di.portolago.1943Il cuore di tutta l’edilizia militare è fin dal primo momento la rada di Portolago, che si va man mano arricchendo di istallazioni di marina ed aeronautica. Naturalmente ridossata dagli agenti atmosferici, delle dimensioni e profondità adeguate ad ospitare una flotta, viene protetta con varie ostruzioni galleggianti ed una rete antisom che la chiude all’imboccatura. [1]
Ma anche la baia di Partheni è ben protetta dall’isolotto di Arkanghelos e dalle alture circostanti, e viene utilizzata sia per depositi di carburante che per officine e assemblaggio siluri, mine galleggianti e ostruzioni antisom.

8 villa.apostolidisLa Base Navale di Gonià, nel perimetro compreso tra il lungomare (dall’inizio della strada per Merikià alla Villa Apostolidis, edificio neoclassico preesistente, ampliata ed utilizzata quale Circolo Ufficiali, distrutta da un bombardamento e rimpiazzata oggi dalla spianata del monumento al C/T greco V. Olga), il muro di cinta ancora esistente lungo il confine con l’abitato civile di Portolago, e la strada che porta alla contrada Kamaraki, comprendeva numerosi edifici oggi ricadenti nell’area dell’ospedale civile.
Oltre a Villa Apostolidis, altri due edifici neoclassici preesistenti, siti all’inizio della strada per Merikià e presi in consegna unitamente alle strutture di Sangiorgio dalla ΥΝΤΕΛ nel 1953, vengono rimaneggiati ed utilizzati come Palazzina Comando e come Residenza del Comandante della piazzaforte (che mantiene ancor oggi le stesse funzioni).
L’area della Base Navale, immersa nel verde, si riempie rapidamente di numerosi edifici in stile vagamente rinascimentale utilizzato a tale epoca dall’edilizia militare in Italia, che comprendono magazzini e depositi, centrale elettrica indipendente, stazione RT e stazione radiogoniometrica, alloggi ufficiali e sottufficiali scapoli e con famiglia, panificio, mense marinai e MAS. Tali edifici ospitarono (ed alcuni ospitano tuttora) i primi pazienti della “Colonia Psichiatrica” istituita nel 1957.
9 base.navale.gonia.191210 caserma.marinai 4.11.35
Subisce continui rimaneggiamenti nelle strutture edilizie e nelle destinazioni degli edifici, le due più vistose essendo rappresentate dalla costruzione della Caserma Marinai (1929, già citata, su adattamento ad opera del Genio Navale di tre progetti firmati dal Petracco), e dell’Infermeria Autonoma (1936, aperta anche alla popolazione civile ed ancor oggi ospedale), in puro ed austero stile razionalista su classico impianto a cortile centrale quadrato, ma con un sapiente utilizzo della volumetria esterna che crea un risultato particolarmente armonico e gradevole. Con analogo stile, di fronte alla facciata ovest, sorge la cappella (che oggi contiene i banchi disegnati da Petracco per la cappella della scuola elementare) con adiacente obitorio, ed i due ingressi del rifugio antiaereo con annessa sala operatoria.
11 ospedale.croce.rossa.gr.1948L’infermeria sorge sull’area della precedente stazione RT, che viene trasferita in tre nuovi edifici in stile sobriamente razionalista, analogo a quello delle casermette delle batterie sulle alture, in contrada San Nicola (tra Lakki e Anghira), S. Spirito (tra Merikià e Katsouni) e tra le alture di Tsingounas e Tourtouras, accanto l’attuale discarica.
Sempre in stile razionalista, ma molto affine al peculiare stile “mediterraneo” di Portolago, sono due edifici adibiti a garage e officine autoparco, mentre più “déco” risulta la facciata della grande officina MAS che si allinea sul lungomare tra la Palazzina Comando e la Caserma Marinai, accanto ad un edificio piuttosto anonimo e preesistente, già adibito ad alloggi ufficiali e nel dopoguerra ad uffici doganali.

12 caserma.avieri14 cas.avieri.10.12.34

L’Idroscalo G. Rossetti di Lepida, che prende il nome dal giovane Ten. Pilota della R. Marina che precipita con il suo idrovolante nella baia il 29.3.1924, sorge dai primi rustici baraccamenti a seguito della prima visita di Lago, accompagnato dal Di Fausto che stende i primi progetti per Palazzina Comando, Alloggi Ufficiali e Alloggi Sottufficiali. Ne sono rimaste due serie, in stile neoclassico e tetto spiovente ed in stile gotico veneziano, ed un piano generale molto lontano alla successiva realizzazione, più aderente all’orografia della costa sud della baia.
La realizzazione, documentata tra il 1928 ed il 1930 da numerose foto in corso d’opera e da un breve video dell’Istituto Luce, comprende due settori ben distinti: quello logistico nel fondo alberato della baia, e quello tecnico lungo la costa montuosa a sud. Fa da cerniera tra le due zone l’imponente edificio in stile eclettico della Caserma Avieri (che ospiterà nel dopoguerra gli allievi delle Scuole Tecniche Reali e diventerà il Padiglione 11 dell’Ospedale psichiatrico) con l’antistante Campo Marzio (dove sorgerà l’Hot Spot per migranti).
13 villa.tsigada.pasha
Attorno a Villa Tsigadà Pasha, costruita nel 1884 e restaurata con il rifacimento del tetto per diventare Circolo Ufficiali, sorgono i padiglioni che ospitano le famiglie di ufficiali e sottufficiali, il garage con officina dell’autoparco e l’infermeria.
Lungo il lato occidentale del Campo Marzio si allineano gli edifici (tutti con decorazioni discrete ma differenziate) che ospitano depositi ed officine manutenzione velivoli e motori e, proseguendo verso l’entrata della baia, la splendida Palazzina Comando in stile neo-rinascimentale (che condivide l’utilizzazione post-bellica con il resto dell’Idroscalo) e i tre hangar Savigliano che sostituiscono il primo rustico in tela cerata, completati da due gru per l’alaggio e varo degli idrovolanti, e di ricoveri antiaerei che ospitano officine e depositi carburanti.
15 base.sommergibili

La Base Sommergibili e l’adiacente Arsenale di Sangiorgio (“Officina Mista”, perché si occupava della manutenzione sia degli armamenti che del naviglio) si trovano in adiacenza geografica appena fuori dalla baia di Lepida, sulla ripida costa sud del golfo, ma non erano collegati con l’Idroscalo come oggigiorno, e vi si accedeva da una strada che partiva dalle adiacenze di Ag. Fanouri a Xirokampo (sul percorso della quale è sorto recentemente un “centro di accoglienza”).
L’imponente edificio a 4 piani senza alcuna pretesa stilistica adibito ad Alloggi Equipaggi (Virgilio Spigai ne riferisce l’affettuoso ma evocativo nomignolo di “Sing sing” datogli dai sommergibilisti) domina l’area della base. È affiancato dai più discreti edifici adibiti ad alloggi ufficiali e stazione di ricarica, ed hanno avuto nel dopoguerra destinazioni successive (Scuole Tecniche Reali, confinati della Giunta, Padiglione 16 dell’ospedale psichiatrico).
Il banchinamento della costa, già iniziato nel 1926 dalla ditta Spaini, prosegue verso l’entrata del golfo con pontili di alaggio, banchine rifornimento e bacino galleggiante, affiancati a terra da baracche in cemento ed edifici senza molte pretese architettoniche che sorgono progressivamente tra il 1926 ed il 1940, e costeggiano gli innumerevoli tunnel scavati nella roccia per ospitare officine di rispetto, depositi carburanti dell’ordine di migliaia di tonnellate, gruppi elettrogeni e produzione di ossigeno.
Vi lavorano centinai di tecnici della Marina e di operai civili (tra cui anche locali), tanto da fronteggiare dopo l’entrata in guerra non solo riparazioni anche serie del naviglio di superfice come dei sommergibili, ma perfino di affrontare nel 1941 in soli 40 giorni la sommaria riconversione in Nave Ospedale del piroscafo “Toscana” di 150 metri.
Come già accennato, nel 1953 la ΥΝΤΕΛ (unità del Genio Navale ellenico), assieme ad alcuni edifici della Base Navale e della stazione RT di S. Nicola, rileva l’arsenale con quel che resta dell’attrezzatura dopo lo smantellamento ad opera degli inglesi e privo del bacino galleggiante (danneggiato da un bombardamento e recuperato dalla Marina greca che lo trasferisce ad Atene). Questa continuità di utilizzazione, che implica la manutenzione degli edifici, ha fatto sì che gli edifici inclusi nell’area militarizzata della ΥΝΤΕΛ sono in ottimo stato, mentre quelli della Base Sommergibili, abbondantemente vandalizzati appena cessata l’utilizzazione, si trovano in stato di totale abbandono ed in pericolo di imminente crollo. [2]
16 piano generale.merikia
La polveriera di Merikià si estende su un breve tratto di costa a fronteggiare l’Arsenale. La zona è stata già utilizzata assieme a quella delle insenature adiacenti di S. Spirito e di Koulouki come deposito di acqua e carbone e attrezzata con pontile di approdo, ma viene progressivamente coinvolta nel potenziamento delle strutture di difesa dell’isola. All’ingresso nell’area, un piccolo nucleo di edifici sono adibiti ad alloggiamenti e servizi del corpo di guardia. Adiacenti, due baracche in muratura adibite a deposito munizioni, come riportato nelle planimetrie del Genio, prive di data. Oggi, vandalizzati ed in totale stato di abbandono, molti edifici hanno iniziato a collassare.
Proseguendo verso l’interno della piccola valle, quattro grandi baracche in cemento dei depositi munizioni sono parzialmente scavate nel pendio e circondate con i materiali di scavo che ne assicurano la protezione. Erano collegate al pontile di carico da rotaie, oggi non identificabili.
Più profondamente nel pendio è scavato un grande deposito con quattro ingressi, oggi riadattato a museo (“Museo Tunnel”). Un altro deposito munizioni in tunnel con quadruplice ingresso si trova, non completato, nella piccola valle adiacente, che ospita altre quattro baracche in muratura a cui è stato asportato il tetto a falde con armatura in metallo.

Il Comando DICAT-FAM di M. Patella completa, in secondo piano, la serie delle istallazioni militari sulla costa nord della rada di Portolago, verso l’entrata del golfo. A partire dal ’37, il Comando della difesa contraerea (DICAT) e quello della difesa navale (FAM) vengono unificati e viene creato un Comando Difesa. È presumibile che a tale epoca risalga la realizzazione del bunker, protetto da due metri di calcestruzzo e un doppio accesso munito di doppie porte antigas. Dotato di generatore autonomo in casamatta esterna e di stazione radio interna, era collegato via cavo con tutte le stazioni di vedetta ottiche e acustiche dell’isola e via radio con quelle delle isole vicine, che segnalavano gli avvistamenti, con il Quartier Generale, e con i Comandi di Gruppo delle batterie per le istruzioni di fuoco.
18 m.patella.osservatorio17 m.patella.osservatorioDieci cabine insonorizzate per la DICAT e sei per la FAM ospitavano gli operatori telefonici, e un vano Comando per ciascuna sezione ospitava sei operatori al tavolo. Infine una “Centrale di avvistamento” occupava l’ultimo locale. Nel lato opposto all’ingresso, il bunker era collegato da un pozzo con scala all’osservatorio esagonale (dinamitato successivamente dagli inglesi), dotato di accesso esterno autonomo.
Il cuore operativo sotterraneo era circondato in superfice da una serie di strutture adibite a funzioni tattiche (una postazione aerofonica in fossa parabolica ed un aerofono strutturale con tre settori parabolici semicircolari ed aerofono strumentale satellite), difensive (tre mitragliere, di cui una binata da 37 mm, per la difesa contraerea ravvicinata, un generatore di cortina fumogena ed una fotoelettrica da 220 amp) e logistiche (i due fabbricati in austero stile razionalista per gli alloggi, un ampio rifugio antiaereo, la cucina, alcuni depositi e persino un lavatoio).

Il complesso di Porto Rina a Partheni era costituito da una caserma marinai di medie dimensioni in stile razionalista, sobrio ma curato, un piccolo edificio alla spalle adibito ad infermeria, una serie di baracche in muratura per il deposito e l’assemblaggio di torpedini, mine galleggianti e reti di ostruzioni antisom, per l’autoparco, per officine varie e per depositi munizioni e carburanti.
Era dotato di un pontile d’attracco in muratura di 75 mt con annesso scivolo, e la baia perfettamente ridossata era difesa da 4 batterie situate nelle basse alture circostanti e da ostruzioni che chiudevano l’accesso attraverso il braccio di mare tra Leros e Arkanghelos. La caserma fu destinata ad ospitare i confinati della Giunta tra il 1967 ed il 1970, e a partire dagli anni ’80 un battaglione di Fanteria di stanza nell’isola.

I numerosi depositi di Kamara, sparsi in tutta la contrada lungo l’asse viario, integravano le riserve di logistica di Merikià e presentano la schema standard della baracca in muratura con tetto metallico a falde, in stato di conservazione direttamente proporzionale al successivo utilizzo postbellico.

Le 24 postazioni di artiglieria navale a lunga gittata, anti-sbarco (navale a corto raggio) e contraerea, che totalizzano una potenza di fuoco di 102 cannoni di vario calibro (dal collaudatissimo 76mm al 152mm scudato), ed i 14 Nuclei Mitragliere per la difesa contraerea ravvicinata (49 pezzi in totale, dalla 37mm binata alla 13mm a canna singola) occupano quasi ogni altura dell’isola.
19 PL.899.blefoutiVengono istallate in rapida successione nel corso degli anni ’30, come testimoniato dall’austero stile razionalista delle Casermette adibite ad Alloggi Personale, a partire dalla prima, la Batteria Lago (dal nome del Governatore, e diversamente da Portolago, baia e città, che è progressiva corruzione dell’originale “Lakki” della contrada e del golfo) istallata a M. Apitiki nel 1924.
Sono organizzate gerarchicamente in Gruppi navale (Est, Ovest, Sud) e contraereo (Nord, Centro, Sud) alle dipendenze del Comando DICAT-FAM unificato che rientrava, assieme all’organizzazione delle postazioni fisse antisbarco della Fanteria e delle difese passive, nelle competenze del Comando Difesa.
Tutte le Batterie presentano uno schema di base riassumibile in istallazioni logistiche (alloggi personale, cisterna di raccolta acqua, rifugio antiaereo e baracche deposito) raggruppate in area adiacente alberata ed il più possibile dissimulata, ed istallazioni tattiche (piazzola cannone con riservette per le munizioni di pronto impiego in tunnel, solitamente in serie di quattro, osservatorio e stazione di tiro con calcolatore analogico per il tiro contraereo, da una a tre mitragliere per la difesa ravvicinata, spesso fotoelettrica con annesso generatore e talvolta aerofono strumentale, in postazioni distaccate).

[a cura di: enzob.]
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[1]
Racconta Spigai nell’inedito “Anime Bianche” (Virgilio Spigai: “Lero. La battaglia per il Dodecaneso” – inEdibus ed, 2017):
Maggio 1940, Lero.
“Sulla banchina molti marinai isolati dettero ridendo il benvenuto ai sopraggiunti. Dietro quella folla, sotto la montagna sassosa, si alzavano tre edifici: la caserma della Base navale, il palazzone dei sommergibili, denominato Sing-sing per il suo cubico aspetto, e la palazzina ufficiali. Davanti alle tre case, una spianata praticata con la dinamite e una banchina piena di sommergibili e di MAS. Più a Ovest, verso l’imboccatura della rada, l’arsenale di San Giorgio, stretto anch’esso tra monte e mare: baracche di cemento e di lamiera e altre banchine zeppe di galleggianti. E ancora più a Ovest, la banchina delle torpediniere e dei combustibili, con molte unità all’ormeggio. Un’altra successione di edifici militari occupava anche l’opposta riva del golfo. Polveriere, depositi e stazioni R.T. erano disseminati nelle valli; e in alto, in vetta alle colline, strumenti camuffati e gole di cannoni. […] In fondo al seno rideva ancora l’aeroporto”.

[2]
Spigai – che era già stato di base nell’isola nel 1933 e nel 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia – vi tornò infine per la terza volta nel 1943. Scrive a proposito di Lero (Virgilio Spigai: “Lero. La battaglia per il Dodecaneso” – inEdibus ed, 2017):
Primavera 1940. Lero
“Se vi dico che nella primavera del ‘40 ritornai a Lero con un sommergibile che faceva parte di una schiera abbastanza notevole di sommergibili là dislocati, voi già intuitivamente apprezzate che nel poco tempo trascorso gli uomini pensosi della Marina non erano stati con le mani alla cintola. Una schiera di sommergibili presuppone una Stazione sommergibili che si compone di caserme, depositi, stazioni di carica degli accumulatori, officine per l’esecuzione di lavori di riparazione, bacini di carenaggio per le visite agli scafi, stazioni e centrali per rifornimenti di acqua, combustibile, ossigeno e così via. […] l’arsenale era sorto. Si chiamava democraticamente Officina mista, ma era in sostanza assai più di un’officina. Vi lavoravano centinaia di operai della Marina, senza tener conto degli assoldati delle imprese civili. E siccome era mancato lo spazio per costruire l’Arsenale lungo le rive della Baia di Portolago, si era lavorato con la dinamite a spianare le dirute sponde meridionali della Baia. Ci si era un po’ interrati e ci si era arrampicati con le costruzioni e le baracche fino a mezza falda delle colline. Un bacino galleggiante era stato portato dall’Italia. Centinaia di metri di banchine, depositi di siluri e tante altre cose erano stati edificati con la pazienza e il cemento, due cose che legano molto. […] L’Arsenale non ospitava solo i sommergibili ma anche cacciatorpediniere, vecchie torpediniere, navi del dragaggio e navi di uso locale, nonché MAS e motosiluranti. Per tutti questi mezzi, che si dovevano muovere, erano state immagazzinate decine di migliaia di tonnellate di nafta dentro serbatoi per metà piantati nella roccia e per metà invelettati come vecchie signore, a scopo di occultamento. Marinai e carabinieri, con caserme proprie, vegliavano sulla sicurezza della zona detta di San Giorgio, ove, data la pochezza dello spazio, uomini e galleggianti brulicavano. Pontoni e bettoline di tutte le specie infittivano la ressa alle banchine e quando il Libeccio era forte tutto quel catenume e cavume animato dalla risacca si metteva a cigolare. I nostromi passavano notti insonni sotto i Sud-Ovest marci d’acqua e bestemmiavano fumando perfido tabacco.”



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