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SALVATORE RIZZUTI

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L’arte di Totò non è facile, né ruffiana, né di tendenza o alla moda.
Anzi, è tutt’altro. È arte senza compromessi; dura, asciutta, sobria, ascetica, tagliente, introversa, intimistica, tenebrosa, enigmatica, austera ma è anche espressione malinconica, struggente, sublime e romantica. In tutto questo, infine, è arte sempre fieramente elegante.
In tal senso l’opera del maestro Salvatore Rizzuti non è commerciale e non è popolare, e non sarebbe popolare nemmeno l’uomo, giacché egli stesso è autenticamente come la sua opera.
Egli è come appare! È così durante il suo fare artistico, cioè quando lavora, ed è così nell’esito finale delle sue opere, le quali tradiscono sempre la loro discendenza paterna. Dunque, si può affermare che c’è identità tra l’uomo e l’artista; anche questo, in altri casi, non è affatto scontato. Tale circostanza basterebbe da sola a collocare il nostro artista in una dimensione inarrivabile ai più, dove non può esserci una facile comunicazione tra un ispirato agire poetico e un normale sentire popolare.
Nell’arte di Salvatore Rizzuti c’è un non so che di terribilmente portentoso, come una immane e arcana forza primigenia che incanta, immobilizza, rapisce e stordisce l’osservatore.

                                                                                                                              [Salvatore Alessandro Turturici]

L’artista

Salvatore Rizzuti (Caltabellotta – AG, 1949)

Nato in una famiglia di pastori, fin da bambino aiuta il padre e i fratelli nella cura dell’azienda di famiglia. Nel 1972 si diploma al Liceo Artistico, per continuare gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, dove nel 1976 termina il Corso di Scultura. Durante e dopo gli studi realizza numerose sculture, che gli permettono nel 1980, di realizzare la prima importante mostra alla Galleria “La Tavolozza” di Palermo. Da qui inaugura una serie di importanti mostre in Italia, tra cui una alla Galleria “Ca’ D’oro” di Roma e un’altra alla “Viotti” di Torino.
Nel 1980 diventa titolare della Cattedra di Scultura dell’Accademia di Palermo, carica che mantiene fino al 2015. Tra i suoi lavori ci sono sculture realizzate per diverse chiese della Sicilia, fra cui la chiesa della Magione e quella di San Tommaso D’Aquino a Palermo e la Matrice a Caltabellotta. È stato direttore dei restauri plastici del Teatro Massimo di Palermo, dal 1986 al 1997, realizzando anche il rifacimento in vetroresina del “Fiorone” sormontante la cupola dello stesso teatro. Nel 2012 realizza la statua di Santa Rosalia per il Carro del “Festino” a Palermo. Nel 2014 dona trentatré sue opere di scultura, di grandi e piccole dimensioni, al Museo Civico di Caltabellotta. È autore del “Manuale di Tecniche della Scultura”, edito dall’Istituto Poligrafico Europeo di Palermo.

Leonardo Sciascia racconta Salvatore Rizzuti

Facce di un pastore errante in Sicilia
Corriere della Sera Illustrato, 9 agosto 1980

Pascolava il gregge nella campagna vicino a Sciacca. Per ammazzare il tempo scavava figure e volti umani nella radica d’olivo. Un talento naturale. Dalle opere dello scultore siciliano traspare tutto il candore di un artista cresciuto in solitudine, lontano da mode e sperimentalismi.
I miti ancora si inverano: Salvatore Rizzuti pascolava le pecore nella campagna di Caltabellotta (aereo paese in provincia di Agrigento, con una campagna verde-argento di olivi che digrada verso Sciacca), aveva nove anni, aveva lasciato le scuole elementari dopo la terza e scolpiva pietre e radiche di olivi, le scavava a raffigurare volti umani, figure.
Durò per nove anni quella sua vita di pastore; poi, non sappiamo come incoraggiato e da chi, studiando nelle poche ore libere, prese la licenza elementare. Aveva diciotto anni. Continuò a studiare e, da esterno, fece la prima e la seconda media. Per favorevoli circostanze, poté frequentare la terza, a Palermo: dove fece poi il liceo artistico e l’accademia. Studente all’accademia, Bruno Caruso ne scoprì il talento, lo consigliò, ne parlò agli amici, fece sì che la più grande galleria palermitana gli organizzasse una mostra. E così abbiamo visto le sculture di Rizzuti.
Il primo elogio che gli si può fare è di essere passato indenne attraverso il liceo e l’accademia. Il suo rivivere la storia della scultura è nativo, immediato, senza filtri o schemi; si direbbe guidato dalla materia, più che dalla memoria o se mai da una memoria ancestrale, remota. C’è qualcosa di religioso, di votivo: come se le forme, condizionate dalla materia, dalle venature e dai nodi e dai colori del legno e della pietra, nascessero da una condizione di religiosa solitudine e comunione e si formulassero come grandi domande senza risposte.
Inutile dire che stiamo pensando al leopardiano canto del pastore.
E insomma: mentre la scultura arranca tra mode e sperimentalismi e in mode e sperimentalismi si nega e dissolve, ecco uno che in solitudine, nella remota campagna siciliana, religiosamente – come propriamente si addice alla scultura – la riscopre. E viene da pensare a quel che Cecchi diceva di fronte alla Vittoria di Samotracia: un genio slaccia una fibbia, e il mondo appare diverso; e i cretini, invece… E non si vuole dire che il giovane Rizzuti si possa già dare per genio, ma è certo che il genio della scultura arride alle sue cose.

La Tribuna di Antonello Gagini

Antonello Gagini (1478 – 1536) fu uno scultore e architetto italiano, considerato uno dei massimi esponenti del rinascimento siciliano. Figlio d’arte (il padre Domenico Gagini originario del Canton Ticino fu anch’esso un importante scultore rinascimentale attivo in Sicilia) fondò la più importante bottega di scultura siciliana: la bottega dei Gagini. L’allora arcivescovo di Palermo Giovanni Paternò affidò il 28 luglio 1507 ad Antonello Gagini la realizzazione della Tribuna marmorea della Cattedrale di Palermo, che ad oggi viene considerata la maggior opera di scultura del Rinascimento siciliano. I lavori di costruzione iniziarono nel 1510, Gagini lavorerà tutta la vita alla realizzazione della Tribuna ma non la vedrà mai conclusa; quando morirà nel 1536 i suoi figli Antonino, Giacomo e Vincenzo termineranno l’opera nel 1574; ci vollero ben 64 anni per realizzarla.
Dal 1781 al 1801, sotto la direzione di Venanzio Marvuglia, Salvatore Attinelli e Frate Felice La Licata da Palermo, vennero attuati i lavori di ristrutturazione della Cattedrale di Palermo, e la Tribuna, di una magnificenza straordinaria, venne demolita e scomposta. Molte sculture che prima prendevano posto sulla Tribuna vennero dislocate all’interno della Cattedrale, altre non si sa che fine abbiano fatto.
Oggi questa ristrutturazione viene considerata un vero e proprio scempio, che di fatto ha scomposto quello che era diventato il simbolo del rinascimento in Sicilia.
In epoca recente, tra gli anni accademici ’98-’99 e ’99-’00, Salvatore Rizzuti insieme ai suoi studenti, redige un progetto di ricerca, un’approfondita ricerca scientifica finalizzata alla ricostruzione in scala della distrutta Tribuna. Nelle sale di Palazzo Fernandez, sede storica dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, si può ammirare la ricostruzione plastica della Tribuna di Antonello Gagini. In mostra ci sono 28 sculture in scala realizzate tra il 1998 ed il 2000.

Il Festino di Santa Rosalia

Ogni anno nella città di Palermo, dal 10 al 15 di luglio, si svolge il Festino di Santa Rosalia, celebrazione religiosa, fra le più importanti e sentite dalla popolazione. Dal 1624 ad oggi, le reliquie della santa e una sua scultura vengono trasportate per la città in processione, sopra un enorme carro decorato a festa. Il festino, che dura quattro giorni, comprende spettacoli teatrali, concertistici e pirotecnici.

In occasione del 388° Festino di Santa Rosalia, lo scultore Salvatore Rizzuti realizza la statua della “Santuzza”, coadiuvato da otto allievi della Scuola di Scultura dell’Accademia di Belle Arti di Palermo che realizzano i festoni e altri elementi ornamentali plastici del carro.

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Le opere

La produzione artistica dello scultore è imponente, lo stesso autore ne cita otre 600 solo tra quelle classificate.
Un portfolio del sito ufficiale ne illustra un grande numero, prodotte tra il 1974 el il 2023.

Le mille forme dell’anima

Il documentario, realizzato per il programma Magazzini Einstein e andato in onda nel 2012 su RaiCultura, è dedicato allo scultore siciliano Salvatore Rizzuti. Un viaggio molto intimo, accompagnato dalle parole di Leonardo Sciascia, in cui Rizzuti racconta la prima parte della sua vita trascorsa in solitudine, tra le contrade del paese a vigilare il gregge di famiglia, ai primi successi, raccontati dall’amico pittore Bruno Caruso che curò la sua prima mostra. Fino all’affermazione come scultore di talento e accademico.

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Produzione: Rai Storia, 2012 – 28’
Sceneggiatura e Regia: Matteo Pedani
Musiche: Joshua Csehak

Scandito dalle parole di Leonardo Sciascia, il documentario illustra la figura di Salvatore Rizzuti, da bambino-pastore a professore di scultura dell’Accademia di Belle Arti di Palermo.
È lo stesso Rizzuti che ci racconta, seduto su quelle stesse rocce dell’agrigentino da cui da bambino vigilava il gregge del padre, la sua evoluzione artistica. Quando parla della sua infanzia, tra valli e studi privati per prendere la licenza elementare, sembra quasi intimidito dalla telecamera, schivo, atteggiamento che si trasforma quando insegna ai suoi alunni come lavorare l’argilla, è un uomo diverso quello che insegna tra le aule dell’Accademia di Palermo, sicuro, deciso, guida con atteggiamento quasi paterno le mani degli studenti che lavorano l’argilla.
Artista che si trasforma ancora quando ci descrive quelle che sono le sue opere più famose e particolari. Diversamente da altri artisti, Rizzuti ci tiene a spiegare le sue opere, a raccontare la storia che sta dietro alle sue sculture, dal disegno originale impresso nella sua mente, alle tecniche di lavorazione, all’ispirazione da cui sono scaturite.

 Medea – Come nasce una scultura

Quasi mai Salvatore Rizzuti prima di realizzare una scultura la disegna in bozzetti preparatori o plastici. L’opera nasce nella sua mente, e dalla sua immaginazione passa direttamente sul materiale in cui l’opera stessa prenderà forma. Il video si articola seguendo le quattro fasi di realizzazione della scultura, così come esplicitate nel Manuale di tecniche della Scultura redatto dall’artista stesso: modellamento in argilla dell’opera, realizzazione dello stampo negativo in gesso a perdere sull’opera modellata in argilla, realizzazione del calco positivo in gesso mediante lo stampo negativo in gesso a perdere, realizzazione di una copia in legno di cipresso assemblato a partire dal calco positivo in gesso mediante il pantografo manuale dello scultore.

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Produzione: VEDI Palermo – 30’
Realizzazione video: Antonio Macaluso

Medea, come nasce una scultura, è un cortometraggio che illustra i passaggi tecnici necessari per la realizzazione di Medea, una scultura in legno in dimensioni al vero.
Medea è una delle figure più importanti e complesse della mitologia greca. Prigioniera della propria passione d’amore e vittima, al tempo stesso, del pregiudizio di chi la considera maga e straniera. Innamorata alla follia dell’eroe Giasone, per lui tradisce la sua famiglia, uccide, si macchia di crimini orribili. Quando Giasone abbandona lei e i suoi figli per indossare la corona di Corinto, decide di vendicarsi, e quindi di recidere ogni rapporto che la lega al suo ex sposo, commettendo il più atroce dei delitti per una madre, uccidere i figli avuti da Giasone.
Uccidere i suoi figli è come uccidere sé stessa squarciandosi il ventre che li ha partoriti. Il suo sguardo è truce, colmo di furore e di follia, squarcia a sua volta lo spazio attorno a sé, oltrepassando lo sguardo e il giudizio altrui, e sancendo l’irreversibilità della tragedia.

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