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POMPEI, eternal emotion

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Nel 2015 il regista Pappi Corsicato ha realizzato un cortometraggio promozionale del sito archeologico, prodotto dalla Società Campana Beni Culturali (Scabec). Il filmato vuole evocare lo struggente e contraddittorio sentimento della vita e della morte che convive quando si è Pompei. Il cortometraggio avvicina i visitatori immobilizzati in un istante di vita ai calchi degli abitanti sorpresi dall’eruzione.

La città di Pompei

L’antica città di Pompei fu fondata dalla popolazione indoeuropea degli Osci, nel IX secolo a.C. (al momento dell’eruzione del Vesuvio era dunque antica quanto Roma) nel corso della sua storia la città passò sotto l’influenza greca (VII-VI secolo), quella etrusca (VI-V secolo) e di nuovo greca, dal 474 al 425 circa, quando fu conquistata dai Sanniti, che la ricostruirono e la ampliarono. In seguito alla sconfitta di Pompeo nella guerra sociale, conflitto che vedeva contrapporsi Roma e la lega italica (alleanza di popoli italici contro il dominio di Roma), Pompei divenne una colonia romana, ed ai pompeiani venne conferita la cittadinanza romana.
Durante il periodo romano, Pompei da modesto centro agricolo, divenne un importante centro industriale e commerciale. La città, che produceva grosse quantità di vino e olio, esportava ora le sue merci in tutto il mediterraneo, fino alla Gallia meridionale. La lingua ufficiale divenne il latino, ma la popolazione locale per diverso tempo continuò a parlare l’osco e il greco, e lo stile di vita dei pompeiani non mutò sostanzialmente sotto l’impero.
Grande impulso alla romanizzazione fu dato da Augusto che incoraggiò, tramite matrimoni e adozioni, l’integrazione tra famiglie patrizie romane e originarie sannitiche e la città si “romanizzò” sia dal punto di vista architettonico che istituzionale.
Pompei divenne inoltre luogo di villeggiatura del patriziato romano, che trasferendosi nella città fece costruire edifici pubblici in onore del princeps, come il Tempio della Fortuna Augusta e l’Edificio di Eumachia. Il Teatro Grande venne restaurato, e notevole impulso venne dato ai servizi pubblici, come l’acquedotto augusteo del Serino che venne allacciato a Pompei tramite una condotta secondaria, portando l’acqua alle terme, alle fontane pubbliche e alle abitazioni.

L’eruzione del 79 d.C.

Il 5 febbraio del 62 d.C. il territorio vesuviano, con epicentro Stabia, fu interessato da un disastroso terremoto che provocò numerosi danni agli edifici di Pompei, Ercolano e Stabia. La città si riprese abbastanza velocemente, si riaprirono le attività commerciali, e iniziarono i lavori di ricostruzione. La città appariva come un enorme cantiere al momento dello scoppio di uno dei più disastrosi eventi dell’antichità: l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Il 24 novembre il Vesuvio, considerato all’epoca una “normale” montagna dagli abitanti delle sue pendici, eruttò violentemente, in pochissimo tempo il cielo di Pompei si oscurò, coperto da una gigantesca nuvola di lava e cenere che in poco tempo sommerse e distrusse la città, uccidendo la popolazione impreparata al tragico evento. Dettagli di quella giornata sono giunti a noi grazie alla testimonianza di Plinio il Giovane, che aveva seguito sul golfo di Napoli lo zio Plinio il Vecchio, ammiraglio e appassionato di scienze naturali, vittima egli stesso dell’eruzione.
Secondo uno studio stratigrafico del 1982, l’eruzione del Vesuvio durò più di 24 ore, suddivisa in due fasi: la prima seppellì Pompei, la seconda dopo circa 12 ore investì Ercolano ed i paesi a nord-ovest del vulcano. Si stima che a Pompei ed Ercolano vivevano tra le sedici e le ventimila persone, ma il numero delle vittime è ignoto. Chi sopravvisse in un primo momento alla lava del vulcano, rimase vittime in un secondo momento dell’asfissia dovuta all’alta concentrazione di ceneri nell’aria. Le città scomparvero alla vista, sepolte da 10 metri di materiali eruttivi e per secoli nessuno tornò in quei luoghi, la città non venne più ricostruita e il territorio dove sorgeva una delle più ricche città romane scomparve sotto la vegetazione per quasi 1700 anni.

La riscoperta

 

L’imperatore romano Alessandro Severo (208 d.C. – 235 d.C.) fu il primo a interessarsi all’antica Pompei, ordinando scavi nell’area in cui sorgeva la città, ma a causa dello spessore della coltre di ceneri e lapilli e della fitta vegetazione, gli scavi non ottennero alcun esito.
Tra il 1594 e il 1600 l’architetto Domenico Fontana, costruendo un canale che attraversava l’area di Pompei per portare le acque del fiume Sarno a Torre Annunziata, ritrovò resti di edifici, iscrizioni e monete. Ma non si colse l’eccezionalità delle scoperte, né la loro origine, ed il terremoto del 1631 mise fine ad ogni ulteriore di ricerca.
Nel 1748 Carlo III di Spagna iniziò scavi archeologici nell’area di Pompei, una decina di anni dopo la scoperta della città di Ercolano. Carlo III rese la capitale partenopea un importante centro culturale d’Europa, e sotto la dinastia dei Borboni Pompei divenne un museo a cielo aperto, furono rinvenuti il Tempio della Fortuna Augusta e le terme del Foro. Fu portata alla luce una parte significativa della città grazie a scavi sempre più estesi ed i reperti vennero esposti inizialmente al Museo della Reggia di Portici ed in seguito al Museo Reale di Napoli.
Sotto il Regno d’Italia, la direzione degli scavi fu affidata a Giuseppe Fiorelli, che introdusse un’innovazione usata ancora oggi, la tecnica dei calchi, versando gesso liquido nei vuoti del terreno lasciati dai corpi delle vittime. Con la tecnica del calco sono state rinvenute fino ad oggi 1500 vittime (e qualche cavallo), immobilizzate negli ultimi istanti di vita.

Il sito archeologico oggi

Oggi il sito archeologico di Pompei è tra i più importanti al mondo, patrimonio Unesco dal 1997, e secondo sito più visitato in Italia (due milioni di visitatori l’anno). Grazie agli scavi iniziati nel 1748 e che continuano ancora oggi, si stima che siano stati riportati alla luce due terzi dell’antica cittadina, e possiamo visitare un’intera città romana, con le sue vie, i suoi templi, le botteghe, le ricche ville dei nobili, le povere case dei plebei, le case di piacere (i lupanari), i teatri, gli edifici pubblici, le fontane.
La lava, le ceneri e i lapilli nel 79 d.C. hanno “congelato” per millenni la città e i suoi abitanti, permettendoci oggi di osservare una delle maggiori testimonianze della vita romana pervenute fino ai nostri giorni. La maggior parte dei reperti recuperati è oggi conservata al museo archeologico nazionale di Napoli, e in minor parte all’Antiquarium di Pompei.

Il filmato

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