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LE OMBRE DI MARINA COLJA

Presentazione del libro di fotopoesie “Σκιές”

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La biblioteca comunale di Platanos ha ospitato il 24 luglio 2018 l’affollatissima presentazione del volume di fotopoesie di Marina Colja, i cui testi sono stati brillantemente trasposti in greco dal poeta Spiros Makrigiannis.
Dopo una breve introduzione del S.G. ed il benvenuto del Presidente, sono intervenuti Antonia Sakellariou, il dr Yannis Loukas e la stessa Autrice. La presentazione era completata dalla lettura di alcune poesie, recitate in italiano da Enza Renzi ed in greco da Lefteri Diamantara, che si alternavano agli interventi, ed illustrata con le foto del volume che recavano un breve testo riassuntivo in francese a beneficio degli intervenuti francofoni.
Marina sbarca nell’isola nel 1992 e ci rimane cinque anni ininterrotti lavorando come operatrice psichiatrica (tecnico della riabilitazione) alla deistituzionalizzazione della struttura ospedaliera nell’ambito della riforma che prende inizio nel 1989.
Rientra a Trieste e vi resta otto anni, ma come nei migliori polizieschi l’assassino torna sempre sul luogo del delitto, e poiché (ormai lo sappiamo bene, l’espressione ha ormai fatto storia…) Leros è una sticking island, Marina da più di quindici anni torna puntualmente come le rondini a trascorrere un periodo di vacanze nell’isola.

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Marina non è più una bambina come quelli che nel breve video introduttivo abbiamo visto scoprire la propria ombra per restarne affascinati o spaventati, ma ha un’anima molto giovanile, ancora capace di giocare con le ombre, sia pure con metodologie “adulte”. E ne va a ricercare i significati e i simboli più nascosti, per utilizzarli in una ricerca interiore che è l’opposto dell’infanzia cosiddetta spensierata.
E se i riferimenti letterari alla simbologia dell’ombra sono numerosi (come accennato da Alessandra Ginzburg nella prefazione al volume), quelli legati all’interpretazione filosofica (basta ricordare Platone e la sua grotta…) e psicologica lo sono ancora di più.

Così il libro di Marina può essere letto attraverso differenti chiavi, a partire con il godere di ciascuna immagine (di cui talvolta la poesia è didascalica) e di ciascuna poesia (di cui talvolta è illustrativa l’immagine), fino al trovarvi un filo conduttore che si dipana tessendo una narrazione non autobiografica ma universale, fatta di evoluzioni sentimentali in cui il lettore può talvolta ritrovarsi in un flash del vissuto personale. Citando Jung, Marina ha sottolineato come “chi percepisce contemporaneamente la propria ombra e la propria luce, vede se stesso da due lati e in tal modo raggiunge il centro”. Così nell’ombra ha scoperto non una minaccia ma un effetto di luce che rivela l’altro se stesso, che ci appartiene profondamente, l’ombra essendo non solo il proprio “doppio” in negativo, ma anche il nascondiglio dell’intimo del sé, l’involucro della coscienza. “Guardare l’oscurità della propria ombra dentro la sua trasparenza, significa consentire alla propria anima di guardarsi allo specchio”. E come Antonia Sakelariou ha a sua volta brillantemente riassunto completando il suo discorso, “al di là dunque delle analisi letterarie e filosofiche, delle chiacchiere di esperti e delle trappole degli errori, le poesie di Marina le leggiamo per lasciarci guidare, attraverso percorsi di buio, fino alla luce, semplicemente con la magia dei suoi versi“. Un piccolo rinfresco servito sulla terrazza della biblioteca ha piacevolmente concluso l’evento.

      

Daniele Ravalico,

guida alla lettura delle fotopoesie di Marina Colja

 [thanks to Markos Spanos for editing and technical help]

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