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SPECIALE CARAVAGGIO

     Da sempre gli uomini hanno sentito la necessità di esprimere la tensione verso l’infinito che risiede nei reconditi del loro animo, ma solo alcuni di loro sono riusciti a tradurre questo sentire in delle opere di cotanta raffinata bellezza da riuscire ad emozionare a distanza di tempo persone sempre nuove e differenti.
     Uno di questi uomini è il pittore italiano Caravaggio, i cui lavori e la cui vita abbiamo proposto agli amanti della storia dell’arte nella relativa sezione della rassegna virtuale ItalyOnStage dedicata alla cultura MadeInItaly, in occasione delle celebrazioni dei 450 anni dalla nascita.

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Michelangelo Merisi (Milano 1571 – Porto Ercole 1610)
Ottavio Leoni_Caravaggio, 1620
Ottavio Leoni_Caravaggio, 1620

     Detto il Caravaggio, nasce a Milano, in una famiglia originaria di Caravaggio, un paese in provincia di Bergamo al quale l’artista deve il proprio soprannome. Dal 1584 al 1588 svolge a Milano l’apprendistato presso Simone Peterzano (1535 – 1599). In questi anni, meditando sulla pittura lombarda del suo tempo, impara a riservare una particolare attenzione al mondo naturale e alla realtà della vita quotidiana; dall’opera di Leonardo trae la ricerca sui “moti dell’animo”, mentre dalla scuola veneta, conosciuta attraverso il suo maestro, acquisisce una particolare sensibilità verso la resa della luce e del colore.
     Nel 1592 lascia Milano e si reca a Roma dove, nel 1593, entra nella bottega di uno dei pittori più noti dell’epoca, Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino (1568 – 1640). Nel 1595-1596 è accolto in casa del cardinale Franceso Maria Del Monte (1549-1627) ambasciatore del granduca di Toscana a Roma; grazie all’interessamento del suo protettore, nel 1599, ottiene la prima commissione pubblica: le tele con Storie di san Matteo per la cappella Contarelli in San Luigi dei francesi.
     Al 1604-1605 risalgono i primi problemi con la giustizia legati al suo carattere iracondo, che culminano con un omicidio nel corso di una rissa scoppiata in Campo Marzio nel 1606. Costretto a fuggire da Roma, si rifugia a Napoli grazie alla protezione della famiglia Colonna. Tra il 1607 e il 1608 soggiorna a Malta. Qui, in riconoscimento dei suoi meriti artistici e sostenuto dal Gran Maestro Alof de Wignacourt, entra nell’ordine dei Cavalieri di Malta, un ordine religioso e militare impegnato nella guerra contro i turchi, In quegli anni dipinge la Decollazione di San Giovanni Battista per l’oratorio di San Giovanni della Valletta.
     Coinvolto in un’ennesima rissa, viene incarcerato ma riesca a fuggire dapprima a Siracusa, poi, nel 1609, a Messina, Palermo e Napoli. Nel 1610 ottiene la grazia papale, ma durante il viaggio di ritorno a Roma muore sulla spiaggia di Porto Ercole.

La riscoperta
Roberto Longhi: Milano - Palazzo Reale, 1951
Roberto Longhi: Milano - Palazzo Reale, 1951

     Caravaggio oggi è considerato uno dei più grandi artisti del mondo occidentale. Non solo fu un genio dell’arte italiana, ma rivoluzionò il mondo dell’arte allora conosciuto. Unì il sacro al profano, nei suoi dipinti per la prima volta gli umili, gli emarginati vestono i panni di santi e madonne, cosa che scandalizzò l’autorità religiosa, ma  allo stesso tempo affascinò i suoi contemporanei che riconobbero l’eccezionalità delle sue opere e dalla sua persona.
     La sua storia turbolenta, dominata dal genio, dalla passione e dalla sregolatezza, ispira oggi mostre, pubblicazioni, film, documentari e fumetti, che contribuiscono a rendere la sua figura immortale nell’immaginario collettivo. Roberto Longhi, critico e storico dell’arte, riconosce la straordinarietà dell’artista milanese e l’influenza che quest’ultimo ebbe nel Barocco italiano.
     Il 21 aprile 1951 Longhi inaugura a Palazzo Reale (Milano) la prima mostra contemporanea dedicata a Caravaggio ed ai caravaggeschi. La mostra ha un tale successo che quattrocentomila persone si misero in coda per ammirare le opere esposte, e questo sancì la sovranità caravaggesca, portandola ad un punto di non ritorno. Longhi ripescò il Caravaggio dal dimenticatoio in cui era finito e lo restituì alla Storia dell’Arte procurandogli un nuovo ruolo, di primissimo piano.

Tecnica pittorica
Canestro di frutta, 1596
Canestro di frutta, 1596
L’imitazione delle forme vegetali

     Giunto a Roma nel 1592, Caravaggio lavora presso la bottega di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino, dove si cimenta nella riproduzione su tela di fiori e frutta “ben contraffatti”, ossia simili al vero. La rappresentazione dal vero di forme vegetali era già praticata nelle botteghe milanesi attive negli anni di prima formazione dell’artista. È così che l’artista sviluppa un eccezionale talento nella riproduzione delle forme del mondo naturale.
     Nel dipinto Canestro di frutta, il cesto si staglia su uno sfondo chiaro e luminoso, in lieve aggetto rispetto al piano su cui è posata, indicazione di profondità che accentua l’illusoria continuità tra lo spazio dell’osservatore e quello della figurazione. In modo straordinariamente verosimile la luce ci restituisce, quasi in maniera tattile, frutti e foglie sia freschi sia nel momento in cui stanno marcendo o appassendo.
     Nel frutto bacato e nella foglia accartocciata si è letto un rimando simbolico alla “vanitas”, alla precarietà di tutto ciò che è vivente, ovvero un memento mori (“ricordati che devi morire”). Nei primi anni romani del pittore si delineano quelli che sarebbero divenuti i nuclei principali della sua ricerca: l’aderenza al vero in tutte le sue forme, da quella della natura a quella umana, lo studio della luce nei suoi significati simbolici e nei suoi effetti di rifrazione sulle forme del mondo sensibile.

Ragazzo morso da un ramarro, 1595
Ragazzo morso da un ramarro, 1595
Lo studio dell’espressione

     Nella prima produzione romana del Caravaggio fiori e frutta vengono spesso associati alla figura umana dipinta a mezzo busto; questa viene resa riservando una particolare attenzione allo studio dell’espressione in relazione ai diversi stati d’animo. Il Ragazzo morso da un ramarro rientra in questa sperimentazione.
     Il dipinto raffigura un giovane che, inorridito e spaventato, ritrae la mano da un ramarro sbucato dai frutti in primo piano. La luce proveniente da sinistra illumina una parte del volto lasciando l’altra in ombra, mentre sulla brocca di vetro crea riflessi e trasparenze, svelando la presenza di una finestra come fonte.

La buona ventura, 1594
La buona ventura, 1594
La figura ritratta dal vero

     La raffigurazione di un’espressione nel momento culminante dell’azione è al centro dei numerosi quadri da camera con personaggi rappresentati con assoluta fedeltà al vero, tra i quali La buona ventura. Nel dipinto una zingara finge di leggere la mano a un cavaliere mentre in realtà gli sfila abilmente l’anello dal dito.
     Quello che colpì i contemporanei in questi quadri da camera, fu la straordinaria verità delle figure raffigurate con un originale taglio a tre quarti, legate tra loro dai gesti e dagli sguardi. Per raggiungere un’estrema veridicità di rappresentazione, il Caravaggio ritraeva il modello in posa o, altre volte, modificava un disegno tratto dal vero di un altro artista. I modelli venivano presi direttamente dalla strada.

Vocazione di san Matteo, 1599
Vocazione di san Matteo, 1599
Il chiaroscuro

 

     I due elementi della pittura di Caravaggio sono la luce e il buio. Il contrasto tra luce e oscurità non crea dissonanza, piuttosto i due elementi opposti si completano, mettendo in evidenza un fatto importante: la luce diventa protagonista del messaggio del pittore. Lo sfondo non esiste più. Ci troviamo davanti a un chiaroscuro enigmatico e inquietante che sollecita l’anima.
     Nel 1599 il Caravaggio viene incaricato di terminare la decorazione della cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, con due tele di più di tre metri di lunghezza da collocare sulle pareti laterali e con una pala d'altare, tutte dedicate alla figura di San Matteo.
     In Vocazione di san Matteo, l’artista unifica e attualizza il racconto, raffigurando la scena in una taverna nella quale Gesù chiama il peccatore Matteo con un gesto imperioso, sottolineato da un fascio di luce che segue la direzione della mano. La luce, usata per sottolineare il culmine dell’azione drammatica, diviene quindi l’elemento che guida l’occhio dell’osservatore e unifica i due gruppi di personaggi, Gesù affiancato da Pietro, simbolo della Chiesa, e Matteo con i suoi compagni, mettendo in stretta relazione Cristo e il santo che, stupito e incredulo, rivolge il dito verso di sé.
     Il peccatore Matteo viene quindi toccato dalla luce, simbolo della Grazia divina, ed esce dalle tenebre del peccato per entrare nella luce della salvezza. La stessa luce tocca anche altri personaggi seduti al tavolo di Matteo, ma solo i due giovani al centro della tela alzano lo sguardo verso Gesù, mentre gli altri continuano indifferenti a contare i denari perdendosi nell’avidità dei beni materiali, immagine che sta a significare la libertà di scelta affidata da Dio a tutti gli uomini.
     Nel 1600 Caravaggio riceve l’incarico di realizzare i due dipinti laterali della Cappella Cerasi nella chiesa di Santa Maria del Popolo, raffiguranti la Conversione di Paolo e la Crocifissione di San Pietro. I due quadri segnano uno sviluppo nel percorso artistico di Caravaggio e sono il frutto di un approfondimento dei temi religiosi, che si esprime con un realismo spinto all’estremo e con l’evoluzione del chiaroscuro: l’oscurità invade sempre più la superficie del dipinto diventando il simbolo stesso di una lotta contro le tenebre.

I caravaggeschi
Valentin de Boulogne: Negazione di Pietro, 1620-29
Valentin de Boulogne: Negazione di Pietro, 1620-29

     Il Caravaggismo fu una corrente pittorica del XVII secolo, nata dall’esempio di Caravaggio, caratterizzata dal realismo delle rappresentazioni e dal vigore dei contrasti tra luci e ombre. Nella sua mostra del 1951 dedicata a Caravaggio, Roberto Longhi dedicò una sezione ai cosiddetti “caravaggeschi”.
     Per la sezione dei caravaggeschi, Longhi utilizzava il termine “cerchia” piuttosto che “scuola” in quanto non era una adesione organizzata, ma un gruppo aperto di maestri che avevano liberamente seguito lo stile del lombardo. Lo scopo era di segnalare come si era diffuso lo stile caravaggesco, e a tal fine la successione delle opere seguiva strettamente l’ordine cronologico lungo i decenni.
     Si potevano confrontare dunque quelle opere realizzate quando il maestro era ancora vivente con quelle successive alla sua morte. Tra i caravaggeschi del primo decennio erano presenti i coetanei o quasi e i maestri più anziani che avevano filtrato l’arte di Caravaggio e che quindi avevano una formazione indipendente su cui innestare un nuovo stile, per poi passare a quei maestri anche d’oltralpe, come i francesi e gli olandesi, che ne avevano assimilato lo stile come Rembrandt e Vermeer.
     Longhi affermava con convinzione che, pur essendo rischioso inserirli nel percorso espositivo, la loro presenza indicava indubbie e innegabili connessioni storiche.

Caravaggio il contemporaneo
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Vittorio Sgarbi racconta Caravaggio
MART – Rovereto, dic 2020

     Caravaggio è il primo pittore della realtà, della verità. È il primo che si mette davianti a quello che vede e lo rappresenta. Con ciò può essere detto l’inventore della fotografia, ma non è una battuta, è che la fotografia cambia il mondo, documenta il mondo, ci lascia la testimonianza di un momento che è vissuto e poi no cè è più, testimone storia e privata vita. Da quando esiste la fotografia la nostra vita è cambiata, perché sappiamo cosa è successo altrove, non attraverso un racconto, una narrazione, ma attraverso la visione di quello che è successo.
     E poi il cinema: Caravaggio intuisce sia la fotografia che il cinema, cosa è se non un documentario, un docufilm, quel momento in cui Cristo va cercare i suoi apostoli, in un opera com questa: Vocazione di San Matteo , in una chiesa ( la chiesa di San Luigi dei francesi) alla fine del 1500. Diventato famoso per aver fotografato ragazzi di stradi in un modo talmente straordinario che non si erano mai visti prima, Il ragazzo con il cesto di frutta , I bari , un mondo che diventa protagonista senza avere nessuna autorità. Caravaggio fa saltare l’autorità, la hierarchia, la Chiesa, il potere.
     È quel momento decisivo, quell’attimo, quello che posiamos dire in latino hic et nunc, qui ed ora, quel momento, non ce n’è un altro, solo la fotografia può fermarlo, e Caravaggio ha inventato la fotografia. Questa straordinaria invenzione fa di lui il pittore che chiama un mondo ad arrivare a Roma per vedere quello che ha fatto: dal nord, dalla Spagna, dalla Germania, dalla Francia, da qualsiasi luogo, è arrivato per vedere Caravaggio, per vedere questo straordinario inventore di un mondo nuovo
     E lui ha un potere, che dai primi dipinti in cui rappresentava ragazzi di vita, di strada, lo porta ad essere chiamato nelle chiese più importanti: a Sant’Agostino, a Santa Maria del Popolo, a San Luigi dei francesi. Fu costretto a fuggire da Roma perché inseguito dalle guardie pontificie, che volevano arrestare un assassino. Diventa un assassino, quindi il chiaro e scuro nella sua pittura diventa un chiaro e scuro nella sua vita. Questo episodio trasformò il suo carattere, lo fece diventare un altro uomo.

I filmati della rassegna
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Angelo Longoni: Caravaggio, 2008

Jesus Garces Lambert: L’anima e il sangue, 2018

Ludovica Rambelli (Malatheatre): La conversione di un cavallo, dal 2006

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