Aial.gr

ItalyOnStage _ BIOPIC


Si è soliti affermare che il documentario è la prima espressione degli albori del cinema dei fratelli Lumière. Nella rassegna virtuale del Mady in Italy culturale realizzata dal novembre 2021 al gennaio 2022, si incontravano sulla sua lunga passerella online numerose declinazioni di tale tipologia cinematografica, incluse nelle sezione dedicate all’Arte ed alla Gastronomia.
Accanto alla forma documentaristica sensu strictu, erano presenti anche alcuni esempi di elevatissimo livello artistico della variante più appassionante, quella della ricostruzione biografica di personaggi noti e affascinanti, quel genere cinematografico detto oggi “biopic”.

[clicca sul banner per accedere alla rassegna]    …                          

[click on poster to reach the related movie ]                       

Che strano chiamarsi Federico – Ettore Scola, 2013
Αναπαραγωγή Βίντεο

Scola racconta Fellini e la loro amicizia, a partire dalla conoscenza negli anni ’50 al giornale “Marc’Aurelio”. Innumerevoli incontri, amicizie comuni, visite sui rispettivi set, hanno contribuito a cementare nel tempo un legame sincero e duraturo tra due grandi registi italiani. Lungo gli anni quaranta Fellini inizia a collaborare come sceneggiatore per diversi registi, e di lì a poco farà l’incontro con alcuni dei futuri compagni di viaggio, come Alberto Sordi e Marcello Mastroianni e, appunto, con il giovane Ettore Scola, di undici anni più giovane.

In occasione del ventennale della morte di Federico Fellini, Ettore Scola ci racconta il suo incontro con il creatore della Dolce vita, in una sorta di album di immagini e di memorie. Un ritratto che nelle intenzioni del suo autore vuole essere gioioso come lo era il regista riminese. Sul filo dei ricordi, il film regala un’originalissima e personale lettura di Fellini. Un film che rifugge i toni nostalgici, per privilegiare il tono ironico e lieve di un “grande Pinocchio” che non è mai divenuto un “bambino perbene”. Chiude il film, una sapiente carrellata di sequenze tratte dalle opere che hanno reso celebre nel mondo il grande Federico.

Desidero raccontare perché vedendo quelle immagini e ascoltando le parole e le musiche dell’opera di Scola, io mi sia profondamente commosso e come me moltissimi degli amici presenti. Commosso non è la parola esatta, alla fine ho pianto come di rado mi capita e molti dei presenti all’uscita avevano gli occhi pieni di lacrime. Perché?
Scola pensava da molti mesi a realizzare un film che avesse Fellini come protagonista. Aveva smesso di lavorare, salvo qualche documentario, da una decina d’anni, ma quell’idea ce l’aveva in testa. Era stato intimo di Fellini nonostante una notevole differenza d’età, ma si erano capiti fin dai primi incontri e poi avevano tutte e due scoperto il cinematografo imboccando due percorsi paralleli. Diversi ma animati dallo stesso bisogno, anzi desiderio di conoscenza del mondo circostante e insieme di se stessi. Alla fine Ettore ha vinto le sue esitazioni e ha girato il film del quale i protagonisti sono due: lui e Fellini, da giovani interpretati da due bravissimi attori e da anziani loro stessi in carne ed ossa.

Federico Fellini (Rimini, 1920 – Roma, 1993) 

Federico Fellini è considerato universalmente uno dei maggiori registi della storia del cinema. Nell’arco di quarant’anni ha ritratto in decine di lungometraggi personaggi memorabili circondati da un contesto satirico, velato da una sottile malinconia, caratterizzato da uno stile onirico e visionario. I titoli dei suoi più celebri film – La strada, Le notti di Cabiria, 8½,  Amarcord – sono diventati dei topoi citati, in lingua originale, in tutto il mondo e vincitori, tra gli altri premi, dell’Oscar al miglior film straniero. Inoltre, gli è stato conferito nel 1993 l’Oscar alla carriera.

Fellini non è stato soltanto un grande regista, che ha saputo convogliare nella sua opera multiforme i vari e diversi elementi della cultura popolare e di massa, dal fumetto al circo equestre, dalla caricatura alla vignetta umoristica, dal romanzo d’appendice al teatro di varietà, ma è riuscito a trasformare questa materia spesso dozzinale, ripetitiva e infarcita di luoghi comuni, in uno stile cinematografico inimitabile, in una serie di film che hanno ottenuto un successo di critica e di pubblico internazionale.
Non solo, ma alcune sue immagini e certi suoi personaggi sono diventati simboli della cultura contemporanea: icone e metafore della vita d’oggi, con le sue contraddizioni e i suoi problemi esistenziali. Un regista che si è imposto al mondo come pochi altri, non solo italiani, recuperando, da un lato, la grande lezione del Neorealismo inventando, dall’altro, un suo universo fantastico che attingeva spesso alla propria autobiografia e la stravolgeva nelle storie e nei personaggi che creava.

Ettore Scola (Treviso, 1931 – Roma, 2016)

 

L’esordio alla regia è nel 1964 con il film Se permette parliamo di donne con Vittorio Gassman, che insieme a Nino Manfredi e Marcello Mastroianni, sarà uno degli attori preferiti da Scola.
Con Il commissario Pepe (1969) e Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca (1970) Scola entra nel decennio più importante della sua carriera. Nel 1974 dirige C’eravamo tanto amati, film che ripercorre un trentennio di storia italiana dal 1945 al 1975 attraverso le vicende di tre amici interpretati da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefano Satta Flores, tutti innamorati di Luciana (Stefania Sandrelli).
Seguono altri film di grande successo quali Brutti, sporchi e cattivi (1976) e Una giornata particolare (1977) con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, forse la pellicola di Scola più acclamata anche all’estero. Nel 1980 il regista gira La terrazza, amaro bilancio di un gruppo di intellettuali di sinistra in crisi. Emblema degli anni ’80 di Scola è il film La famiglia (1987), commedia che ripercorre ottanta anni di storia (1906-1986) con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli e Fanny Ardant.
Conclude la sua carriera cinematografica con un documentario, Che strano chiamarsi Federico, realizzato nel 2013 in occasione del ventennale della morte di Fellini. 

Il giovane favoloso – Mario Martone, 2014
Αναπαραγωγή Βίντεο

Giacomo Leopardi è un bambino di straordinaria intelligenza che cresce nella casa-biblioteca a Recanati assieme ai fratelli, alla madre e al padre, nello Stato Pontificio. Ha un rapporto difficile con il padre Monaldo, nobile autoritario dai modi rigidi e severi. Insofferente alle ristrettezze di un ambiente così retrivo, il ragazzo vuole allontanarsi dalle mura familiari, desideroso di condividere il mondo intellettuale e reale dei suoi amici letterati con i quali si tiene in contatto mediante una fitta corrispondenza epistolare. 

Il piccolo Giacomo vive però tormentato da numerosi dubbi e malattie. Solo all’età di ventiquattro anni lascia finalmente Recanati, ma nel frattempo la sua salute, già cagionevole, peggiora. A cavallo tra Roma e Napoli il film ripercorre i momenti salienti che hanno ispirato la produzione del grande poeta italiano.

Martone racconta un Leopardi vulnerabile e struggente, dalla salute cagionevole e l'animo fragile, ma dalla grande lucidità intellettuale e l'infinita ironia. Elio Germano "triangola" brillantemente con le sensibilità di Leopardi e di Martone, prestando voce e corpo, sul quale si calcifica l'avventura umana e intellettuale del poeta, alla creazione di un personaggio che abbandona la dimensione letteraria, e la valenza di icona della cultura nazionale, per abbracciare a tutto tondo quella umana. La riscoperta dell'ironia leopardiana, intuibile nei suoi poemi, ben visibile nei suoi carteggi, è una potente chiave di rilettura moderna del poeta.

Martone ci ricorda che nella lingua e letteratura di Leopardi si ritrovano le radici dell'Italia di oggi. In questo modo Leopardi esce dai sussidiari ed entra nella contemporaneità, continuando quella missione divulgativa che il regista napoletano ha cominciato ad intraprendere con Noi credevamo.
Martone fa parlare i suoi protagonisti in un italiano oggi obsoleto ma filologicamente rigoroso, e fa recitare in toto a Leopardi le sue poesie più memorabili, strappandole alle pareti scolastiche e ai polverosi programmi liceali. Germano interpreta quei versi senza declamarli, reintegrandoli nel contesto umano e storico in cui stati concepiti, e restituendo loro l'emozione della scoperta, per il poeta nel momento in cui le ha scritte, e per noi nel momento in cui le (ri)ascoltiamo. Nelle sue parole torna, straziante, la malinconia "che ci lima e ci divora", nei suoi dilemmi esistenziali ritroviamo i nostri.
Martone recupera anche la dimensione affettiva di Leopardi, raccontandolo con immensa tenerezza, e senza mai indulgere nella pietà per i tormenti fisici del poeta. Il giovane favoloso è un film erudito sulla sensibilità postmoderna che ha collocato Leopardi fuori del suo tempo, origine della sua immortalità e causa della sua umana dannazione.
Martone costruisce una grammatica filmica fatta di scansioni teatrali, citazioni letterarie e immagini evocative ai limiti del delirio, come sanno esserlo le parole della poesia leopardiana. All'interno di una costruzione classica si permette intuizioni d'autore, come l'urlo silenzioso di Giacomo davanti alle intimidazioni del padre e dello zio, o le visioni del poeta nella parte finale della vita. Il giovane favoloso "centra" in pieno la parabola di un artista che sapeva guardare oltre il confine "che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude". E ci invita a riconoscerci nel suo desiderio di infinito.

Giacomo Leopardi (Recanati, 1978 - Napoli, 1837)

 

Poeta, filosofo, scrittore, filologo, Giacomo Leopardi è stato uno dei principali esponenti del romanticismo italiano. Le sue opere sono profonde riflessioni sul senso dell’esistenza umana, che trovano sfogo nei concetti di pessimismo cosmico e natura matrigna.

Sin da bambino mostrò un’intelligenza e una propensione per le arti umanistiche ben al di sopra della media. Già a nove anni scriveva in latino e padroneggiava la metrica della poesia settecentesca mentre, quando era poco più di un ragazzino cominciò a studiare filosofia riuscendo, in pochissimo tempo, ad essere in grado di citare i classici a memoria.

La potenza del suo intelletto però non andava di pari passo con quella del suo fisico. Il povero Leopardi era infatti di salute cagionevole, e soffriva di una malattia ossea che dai sedici ai ventuno anni compromise irrimediabilmente il suo fisico, deformandolo con una vistosa gobba. Errando tra Milano, Bologna, Firenze e Pisa, accompagnato dallo Zibaldone (il suo diario), produrrà alcune tra le sue opere più celebri: Le Operette Morali e i Grandi Idilli. Tuttavia, fu a Napoli che il poeta si spense, alla presenza del caro amico Antonio Ranieri, dopo aver lasciato ai posteri l’ultima delle sue poesie, La Ginestra. Leopardi è spesso frettolosamente liquidato come pessimista e sfortunato. Fu invece un giovane uomo affamato di vita e di infinito, capace di restare fedele alla propria vocazione poetica e di lottare per affermarla, nonostante l’indifferenza e perfino la derisione dei contemporanei. Chi sa leggere Leopardi sa che la sua poesia è nutrita di cose fragili che lottano per trovare compimento. Ogni riga delle sue opere ci racconta di questa lotta dell’uomo per trovare risposta a una promessa che gli arriva proprio dalla sua fragilità. Perse la fede a cui era stato educato, perché la trovava arida e inadeguata alle sue domande, ma non rinunciò mai alla sete di trascendenza e di infinito che il suo cuore gli imponeva. Era rapito dalla bellezza delle cose e sapeva che in quella bellezza c’era la promessa di qualcosa che sempre gli sfuggiva ma che indagò e cercò per tutta la vita. In questo nostro tempo in cui sembra essere titolato a vivere solo chi è perfetto, Leopardi ci riporta alla realtà: è veramente vivo chi abbraccia tutta la sua verità e la vive come compito.

Mario Martone (Napoli, 1959)

Nel 1992 si rivela al grande pubblico con il suo primo lungometraggio: Morte di un matematico napoletano, che gli vale il Gran premio della giuria alla Mostra di Venezia. Tre anni dopo realizza il suo secondo film: L'amore molesto, vincitore del David di Donatello. Nel 2004 dirige il film L'odore del sangue, con Michele Placido e Fanny Ardant. Dal 2007 al 2017 è stato direttore artistico del Teatro Stabile di Torino.  Nell'autunno 2010 è uscito Noi credevamo ispirato all'omonimo romanzo di Anna Banti che ha vinto nel 2011 il premio Alabarda d'oro per il miglior film e la miglior sceneggiatura. Nello stesso anno, riceve il premio per la carriera al Festival de Cine Italiano de Madrid.  A gennaio 2011 ha diretto Cavalleria rusticana e Pagliacci al Teatro alla Scala di Milano, firmando in seguito altri allestimenti di successo in ambito lirico. Nel 2014 il film Il giovane favoloso viene presentato al Festival di Venezia e riscuote un notevole successo di pubblico e critica. Nel 2018 esce il suo nuovo lungometraggio Capri-Revolution, in concorso alla 75ª Mostra di Venezia e che ottiene numerose candidature ai David di Donatello.

Volevo nascondermi – Giorgio Diritti, 2020
Αναπαραγωγή Βίντεο

Toni, figlio di una emigrante italiana, respinto in Italia dalla Svizzera dove ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, vive per anni in una capanna sul fiume senza mai cedere alla solitudine, al freddo e alla fame. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati è l’occasione per riavvicinarsi alla pittura, è l’inizio di un riscatto in cui sente che l’arte è l’unico tramite per costruire la sua identità, la vera possibilità di farsi riconoscere e amare dal mondo. 

“El Tudesc”, come lo chiama la gente, è un uomo solo, rachitico, brutto, sovente deriso e umiliato, ma diventa il pittore immaginifico che dipinge il suo mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari, stando sulla sponda del Po.

Vittima delle sue angosce, viene rinchiuso in manicomio, ma anche lì in breve riprende a dipingere. Più di tutti, Toni dipinge se stesso, come a confermare il suo desiderio di esistere al di là dei tanti rifiuti subiti fin dall’infanzia.
L’uscita dall’Ospedale psichiatrico è il punto di svolta per un riscatto e un riconoscimento pubblico del suo talento. La fama gli consente di ostentare un raggiunto benessere e aprire il suo sguardo alla vita e ai sentimenti che sempre aveva represso. Le sue opere si rivelano nel tempo un dono per l’intera collettività, il dono della sua diversità.

Lo sviluppo narrativo della sceneggiatura esce dall’intenzione della semplice biografia di Antonio Ligabue per proporre un percorso narrativo che segue lo stato d’animo di Toni e fa delle emozioni che vive il perno portante del racconto, in un rapporto che offre allo spettatore un coinvolgimento più intimo e profondo. Pur in una dimensione di realismo e attinenza alla verità, il film vuol trasferire in sottotraccia la sensazione di “favola nera” che accompagna la vita di Toni e di cui lui stesso incarna, in un certo modo, i codici a partire dal vestire; nel modo di esprimersi, gesticolare, muoversi.

Anche il mondo che lo circonda richiama gli archetipi della fiaba in cui si possono riconoscere figure esemplari come la matrigna e il padre “orco”, il direttore del collegio, i ragazzi cattivi che lo prendono in giro, gli adulti che lo deridono. Una volta diventato adulto, poi, attorno a lui si muove un coro di personaggi – i paesani – perlopiù respingenti, alcuni surreali e fiabeschi a loro volta, ma in cui via via emergono alcune figure amiche che saranno fondamentali per il suo riscatto. Ligabue richiama anche alcune caratteristiche dei personaggi dei film di Chaplin che, in fondo come lui, sono in lotta per un posto al sole nella società.

[Giorgio Diritti]

Antonio Ligabue (Zurigo, 1899 – Gualtieri 1965)

 

Pittore e scultore, Ligabue è considerato uno dei massimi esponenti dell’arte Naïf in Italia. I primi anni dell’artista sono segnati da problemi mentali e malformazioni fisiche che compromettono irrimediabilmente il suo sviluppo, causandogli malattie come rachitismo e gozzo. Innumerevoli furono le occasioni in cui venne rinchiuso in istituti per la cura di ragazzi disagiati e innumerevoli furono le volte in cui venne espulso a causa del suo comportamento violento, verso gli altri ma soprattutto verso se stesso. A venti anni venne espulso dalla Svizzera e andò a vivere a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, di cui era originario il padre adottivo. Non era molto loquace, si esprimeva con difficoltà in un misto di italiano e tedesco, ma aveva un talento naturale per il disegno. Si guadagnava da vivere facendo il manovale sul Po, e talvolta eseguiva disegni su cartelloni per piccole compagnie circensi.

Grazie al fortuito incontro con l’artista Renato Marino Mazzacurati nel 1927, riuscì a trasportare i suoi demoni sulla tela, creando opere potenti, dall’immediato impatto visivo: per lo più animali ed autoritratti. Nel 1961 ottenne improvviso successo grazie ad una esposizione alla Galleria La Barcaccia di Roma, che conquistò critici, artisti e giornalisti rendendolo noto al pubblico internazionale. L’anno dopo però venne colpito da una grave paresi, che tuttavia non gli impedì di dipingere fino alla sua morte.

Giorgio Diritti (Bologna, 1959)

Il suo film d'esordio, Il vento fa il suo giro (2005) ottiene cinque candidature al David di Donatello e quattro candidature al Nastro d'argento. Il secondo film, L'uomo che verrà (2009), riceve molti riconoscimenti, tra cui il David di Donatello come miglior film e miglior produttore ed il Nastro d'argento come miglior produttore e migliore scenografia. Nel 2013 dirige Un giorno devi andare, di cui cura anche soggetto e sceneggiatura. Nel 2014 pubblica il suo primo romanzo, Noi due. Nel 2020 dirige Volevo nascondermi, che racconta la vita del pittore Antonio Ligabue.  Il film ottiene quindici candidature al David di Donatello, vincendone sei, tra cui miglior regia e miglior film.

Elio Germano (Roma, 1980)

 

Con il film di Daniele Luchetti Mio fratello è figlio unico (2007) si aggiudica il Globo d'oro, il Ciak d’oro ed il primo David di Donatello come miglior attore protagonista, Nel 2010 è protagonista in La nostra vita di Daniele Luchetti, conquistando il premio per la miglior interpretazione maschile al 63º Festival di Cannes, il David di Donatello ed il Nastro d'argento per il miglior attore protagonista. Nel 2011 è protagonista in Magnifica presenza di Ferzan Özpetek, per il quale vince il Globo d'oro al miglior attore.

Nel 2014 interpreta Giacomo Leopardi in Il giovane favoloso di Mario Martone, per il quale ottiene il terzo David di Donatello per il miglior attore protagonista, il Premio Pasinetti alla 71ª Mostra di Venezia, e il Nastro d'argento al personaggio dell'anno.

Nel 2020 è protagonista del film Volevo nascondermi, nel ruolo del pittore e scultore italiano Antonio Ligabue. Per questa interpretazione ha vinto l'Orso d'argento per il miglior attore al Festival di Berlino ed il David di Donatello come miglior attore protagonista.

La macchinazione – David Grieco, 2016
Αναπαραγωγή Βίντεο

Roma, estate 1975. Pier Paolo Pasolini, poeta e regista di successo, sta lavorando alla produzione del film Salò o le 120 giornate di Sodoma e nel frattempo sta scrivendo quello che sarà il suo ultimo romanzo, Petrolio, in cui parla dell’economia italiana.
Da qualche tempo ha intrapreso una frequentazione omosessuale con il giovane Pino Pelosi, romano e con già alcuni precedenti giudiziari. Una sera gli amici del ragazzo rubano il negativo del film, richiedendo al poeta un riscatto per la restituzione. Secondo il film si tratterà di una trappola, il quale esito è il brutale assassinio nella notte fra il 1° e il 2 novembre 1975.

David Grieco riapre la discussioni e  le riflessioni sulla morte di Pier Paolo Pasolini. Grieco ha due forti motivazioni: la prima di essere stato vicino allo scrittore sia come attore che come assistente e soprattutto amico; la seconda di aver rifiutato la proposta di collaborare alla sceneggiatura del Pasolini di Abel Ferrara quando ha capito che il regista puntava più al versante sessuale degli ultimi giorni di vita dello scrittore che non alla ricerca della verità sulla sua morte. Questo è invece ciò che interessa al regista che, grazie alla collaborazione con il professor Guido Bulla che nel film ha anche il ruolo di segretario di una sezione del MSI, ha scritto una sceneggiatura rigorosa così come rigoroso è il film che ne è conseguito.

Grieco ha una tesi e la espone in modo consequenziale: Pasolini dava fastidio a quelli che all'epoca ancora non venivano definiti come 'poteri forti' ma che di fatto lo erano. Pelosi, che non era il soggetto di un rapporto occasionale ma che invece frequentava da tempo lo scrittore, è stato solo uno dei responsabili della sua uccisione e non 'il' responsabile. Questa rimessa in discussione del 'caso' non avrebbe però avuto la forza che invece gli va riconosciuta se davanti alla macchina da presa non ci fosse stato un Massimo Ranieri al top dell'immedesimazione, sia fisica che caratteriale, con il personaggio. Ranieri è capace di far scomparire l'attore nello scrittore e nell'uomo Pasolini tanto da far ricordare, sul piano della prestazione, il Gian Maria Volonté de Il caso Moro.

Pier Paolo Pasolini (Bologna, 1922-Roma,1975)

Intellettuale Corsaro dalla produzione culturale eccezionalmente ampia e varia, Pier Paolo Pasolini fu un attento osservatore dei cambiamenti della società italiana dal secondo dopoguerra sino alla metà degli anni settanta.Figura a tratti controversa del panorama italiano, suscitò spesso forti polemiche e accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi, assai critici nei riguardi delle abitudini borghesi e della nascente società dei consumi.

Nonostante la multiforme varietà della sua produzione (dal cinematografia alla drammaturgia, passando per la poesia, la prosa ed il giornalismo), è possibile rintracciare alcune costanti del suo linguaggio espressivo. In particolare, ricordiamo: l’inesausta sperimentazione di forme e linguaggi sempre nuovi e diversi; l’utilizzo di tutti i linguaggi artistici; l’attenzione per l’uso dei dialetti e degli strati più umili della popolazione, senza però ricadere nel neorealismo, poichè la realtà che mette in scena è sempre trasfigurata dalla soggettività del poeta. Certamente, è e rimane uno degli intellettuali italiani che lascia spazio ad un immenso approfondimento non solo per il suo lavoro (l’opera omnia conta più di 20000 pagine, esclusi gli scritti

David Grieco ( Roma, 1951)

A sedici anni è scritturato come attore da Franco Zeffirelli per una parte in Romeo e Giulietta, da Pier Paolo Pasolini per Teorema, da Bernardo Bertolucci per Partner. Ma presto abbandona la recitazione per dedicarsi alla regia e alla sceneggiatura.
A diciassette anni diventa assistente alla regia per Bertolucci e Pasolini. A diciannove anni inizia a lavorare come critico cinematografico e musicale. Poco più che trentenne diventa sceneggiatore e produttore esecutivo. Per Tele+ e Canal+ conduce le dirette per gli Oscar, Cannes, Venezia e Berlino e gira documentari su registi e star del cinema (Clint Eastwood, John Woo, Mario Monicelli, Sydney Pollack e tanti altri).
Nel 2004 dirige il primo lungometraggio, Evilenko, tratto dal suo romanzo Il comunista che mangiava i bambini. Le riprese del suo secondo film, La macchinazione, si concludono alla fine del 2014, ma il film esce soltanto nel 2016 dopo la pubblicazione del libro omonimo. Nel 2019 presenta al Bif&st di Bari Notarangelo, ladro di anime, un documentario che percorre la Lucania del fotografo e giornalista Domenico Notarangelo.

Massimo Ranieri (Napoli, 1951)

Inizia giovanissimo una lunghissima carriera di cantante, progressivamente sempre più alternata alla recitazione in cinema, teatro e televisione, dove è stato anche presentatore. È considerato uno dei personaggi dello spettacolo più apprezzati a livello nazionale.
All’età di appena tredici anni, incide il suo primo disco e sbarca in America. Due anni dopo, nel 1966, debutta in televisione nel varietà “Scala Reale”. Inizia a partecipare al Festival di Sanremo, dove apparirà regolarmente fino al 2020 come ospite, e vince al Cantagiro, un programma televisivo di successo dell’epoca, con “Rose rosse”. Il brano rimane per ben tredici settimane in testa alle classifiche. Dopo la pubblicazione del suo primo disco,
Mauro Bolognini lo sceglie come protagonista per il film Metello che gli varrà il David di Donatello come miglior attore. Seguono diverse interpretazioni, tra cui quella teatrale del Pulcinella di Santanelli, tratto da un copione inedito di Rossellini (1987), personaggio che interpreta nuovamente in L’ultimo Pulcinella di Scaparro (2008).

Caravaggio – Angelo Longoni, 2008
Αναπαραγωγή Βίντεο

Questo è il racconto della travagliata vita di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, dai primi anni della giovinezza alla morte sopravvenuta sulla spiaggia di Porto Ercole. Gli anni passati a Roma, le numerose incarcerazioni, la fuga a Napoli e poi a Malta, il rifugio a Siracusa.
Una vita breve, trascorsa sotto il dominio dell’impulsività e di una creatività innovativa e disturbante per l’accademismo e la convenzionalità del suo tempo.

Una vita movimentata come poche, vissuta intensamente e senza sosta. Ottenne gloria ed onori, si guadagnò l’affetto e la protezione dei potenti e dovunque andava la fama di un talento non comune lo precedeva. Ma affondò spesso, e volontariamente, tra la gente più semplice.
Conobbe la fuga, la paura, il disonore, il disprezzo. Cercò la rissa, la violenza e lo scontro. E la sua morte sembra uno scherzo della storia. Questo biopic cerca di raccontare tutto questo, la vita e il personaggio di Caravaggio, tra le luci e le ombre che hanno contraddistinto la sua esistenza e contribuito a crearne il mito.

La sua personalità e la sua arte si sono a poco a poco impadronite del nostro lavoro e ci hanno consegnato un film in cui principalmente viene raccontato un uomo in contrasto con il proprio tempo e con se stesso. Un personaggio prorompente e fragile, mosso dal bisogno continuo dell’autodifesa della propria arte e del proprio spirito. Un artista alla ricerca continua di un dialogo con Dio, con l’essere supremo che faticava a comprendere ma del quale ritraeva la gloria e il mistero. Un pittore che ha ritratto santi, martiri e madonne troppo terreni in un periodo in cui la Controriforma imponeva rigide regole per rappresentare la spiritualità nell’arte attraverso idealizzazioni stereotipate.

[Angelo Longoni]

Michelangelo Merisi (Milano, 1571 – Porto Ercole, 1610) 

Caravaggio fu un artista rivoluzionario e, di conseguenza, spesso poco amato dai suoi contemporanei. Ha viaggiato in tutti Italia alla ricerca di sé stesso, in fuga dai nemici che invariabilmente si faceva lungo la strada.
Milano, Firenze, Roma, Napoli, Malta: cinque città, oltre quindici luoghi d’arte e quaranta opere, tra le più famose nello stile tipico dell’artista, come Ragazzo morso da un ramarro, Autoritratto come Bacco, Vocazione di San Matteo, Giuditta che decapita Oloferne, Medusa, Davide con la testa di Golia, Sette opere di misericordia, esposte nei maggiori musei d’Italia e del mondo, compresi quelli ancora presenti nei luoghi dove essi sono stati commissionati, come la chiesa di San Luigi dei Francesi, Santa Maria del Popolo e Sant’Agostino a Roma, Pio Monte della Misericordia a Napoli e Concattedrale di San Giovanni a Malta.
Tutti questi lavori giocano il ruolo principale nella narrazione del film. 

Angelo Longoni (Milano, 1956)

 

Dopo gli studi alla Scuola d’Arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano, dopo aver lavorato per alcuni anni come attore, firma testi e regie teatrali, televisive e cinematografiche.
Inizia la sua carriera nel mondo della televisione come sceneggiatore, curando la sceneggiatura della serie Raidue Atelier (1982). Collabora a Buon Giorno Italia (1987), trasmissione di Canale 5.
Nel 1988 scrive il testo teatrale Naja, vincitore del Premio Riccione Ater, il testo viene scelto per rappresentare l’Italia al Festival Internazionale del teatro di Caracas. Dallo spettacolo teatrale Naja viene tratto l’omonimo film (1995). Nel 1988 scrive e dirige l’opera teatrale Uomini senza donne, che diverrà alcuni anni dopo un film.
Alla carriera di regista accompagna quella di attore, è tra i protagonisti del film Laura non c’è (1998) di Antonio Bonifacio, e nel 2014 dirige Maldamore.

Alessio Boni (Sarnico, 1966)

 

Debutta come attore nel film tv Il mago (1990) di Ezio Pascucci, recitando insieme ad Anthony Quinn. Dopo questa prima esperienza recitativa intraprende gli studi all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma.
Nel 1991 esordisce come interprete nella pellicola di Italo Moscati Gioco perverso. Da metà degli anni ’90 si costruisce una carriera prevalentemente televisiva, recitando in numerosi finction e biopic.
La grande svolta giunge con La meglio gioventù (2003) di Marco Tullio Giordana, grazie al quale ottiene il Nastro d’argento come miglior attore protagonista. La collaborazione con Giordana continua con altre due pellicole: Quando sei nato non puoi nasconderti (2005) che gli vale un Globo d’oro come miglior attore rivelazione, e Sanguepazzo (2008).

Scroll to Top