EVOLUZIONE POST-BELLICA DI LEROS
[dalle note storiche in calce alla riedizione del volume Lero di V. Spigai, Edibus ed, 2017]
Tratteggiare in poche righe settant’anni di eventi succedutisi nell’isola dal momento dell’annessione alla Grecia sino ai nostri giorni, non è facile.
Difficile reperire fonti, difficile giudicarne l’attendibilià…
Difficile non tediare con puntigliosi riferimenti a numeri e date, pur mantenendo una sintetica cronologia che orienti nell’evoluzione delle istituzioni che hanno influito profondamente sull’isola.
Difficile tuttavia non completare la storia dell’isola con gli eventi post-bellici che suscitano immancabile curiosità nel visitatore men che superficiale che sbarca sull’isola, venendo inevitabilmente a contatto con innumerevoli testimonianze del suo passato (ormai non più tanto recente).
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Quale immediata conseguenza alla firma del Trattato di Parigi, già il 31 marzo 1947 si assiste al passaggio dal regime di “amministrazione di territorio nemico occupato” inglese alla amministrazione militare greca del contrammiraglio Periklis Ioannidis[1].
Se già nel biennio precedente gli inglesi avevano decretato l’espulsione dei civili italiani ancora residenti, con Ioannidis si assiste all’inasprimento delle vessazioni in chiave anti-italiana, risentite soprattutto a Rodi e Kos per la presenza di coloni e maestranze specializzate delle industrie italiane.
A Leros non c’erano coloni, e di operai specializzati nell’Arsenale ne erano rimasti ben pochi. A loro come alle poche famiglie miste italo-greche ancora rimaste al rimpatrio organizzato all’inizio del conflitto[2], viene posto l’ultimatum di rinunziare alla cittadinanza italiana e convertirsi all’ortodossia.
Con l’annessione alla Grecia del 7 marzo 1948, il Dodecaneso diventa una regione greca a tutti gli effetti amministrativi, ma la carestia che ha imperversato in tutto l’arcipelago durante l’occupazione tedesca prima ed inglese dopo, tarda a recedere.
A Leros fame e povertà non avevano tanto accompagnato il conflitto (fatto salve le ovvie restrizioni del periodo bellico sofferte ovunque in Europa, e non solo in Italia) quanto il periodo di occupazione, complice anche la fine della richiesta continua di manodopera edile da parte dell’amministrazione italiana, e la drastica riduzione del terziario indotto, con piccoli impieghi subalterni nelle varie amministrazioni militari.
Ma anche quest’ultima fonte di guadagno, come anche quella rappresentata dalla vendita della modesta produzione agricola alle cambuse militari, si inaridisce del tutto con la partenza degli ultimi contingenti inglesi.
Per una volta, i sempiterni laudatores temporis acti hanno ragione di sostenere che si stava meglio quando si stava peggio, rimpiangendo l’«occupazione» italiana (Italokratia) con le sue “liretes” che circolavano in abbondanza, sostituite ora dalle introvabili dracme, e lamentano in coro unanime gli inasprimenti fiscali introdotti con il nuovo governo greco.
L’isola aveva assistito nel corso del trentennio di presenza italiana all’inversione della precedente tendenza emigrativa, specie verso l’Egitto[3], passando dai 3.900 ab. del 1922 a 6.350 ab. nel 1936[4], con una immigrazione dalle isole circostanti generata dalla richiesta di maestranze per le esigenze edili, civili e militari.
Venendo meno questi presupposti economici, impoverita del flusso economico che proveniva dal commercio e da quel terziario citato, alimentati dalla presenza del personale militare[5], si assiste ad una rapida ripresa del fenomeno migratorio, con imbarchi nella marina commerciale ed in quel che rimane della pesca delle spugne in via di estinzione, e con l’emigrazione verso l’America e soprattutto l’Australia.
In questo quadro economico, eufemisticamente parlando non esattamente florido, si inserisce la visita (praticamente, un vero e proprio sopralluogo) della coppia reale, Paolo e Federica, con numeroso seguito nell’ottobre del ’48, all’indomani dell’annessione.
La Grecia si trova nelle fasi finali della guerra civile, seguita alle elezioni del ’46 ed al restauro della monarchia, appoggiata militarmente dall’Inghilterra prima e dagli USA poi[6]. Le truppe irregolari dei comunisti dell’ELAS, appoggiate dalla Russia attraverso la Jugoslavia, con 50.000 uomini controllano il 70% del territorio della Grecia continentale[7], mentre i governativi erano asserragliati tra Atene e Salonicco.
Ma il fenomeno che caratterizzò maggiormente il conflitto fu l’evacuazione forzata (παιδομάζωμα) di un numero stimato tra 25.000 e 30.000 minori dai 4 ai 14 anni dalle zone controllate dai guerriglieri verso “campi di rieducazione socialista” nei paesi confinanti del blocco sovietico.
In campo governativo, si assiste alla istituzione di circa 50 “città dei bambini” (Παιδοπόλεις) coordinate dalla regina Federica, che accolgono dai 18.000 ai 25.000 (secondo le varie fonti) orfani e profughi, provenienti dalle zone di conflitto.
In tale ambito si inquadra la visita reale a Leros, mirata al sopralluogo delle infrastrutture abbandonate in gran numero tra Lepida (ex Idroscalo G. Rossetti) e Sangiorgio (ex Arsenale), da utilizzare per fondare le Scuole Tecniche Reali (Βασιλικές Τεχνικές Σχολές).
Verranno riadattati come sede didattica, alloggi e servizi gli edifici degli Alloggi Equipaggi (già affettuosamente chiamata dai Sommergibilisti Sing sing), la Caserma Avieri e la Palazzina Comando dell’Idroscalo, la Villa Tsigada Pasha (ex Circolo Ufficiali) ed alcune Palazzine Ufficiali di Lepida.
Vi vengono accolti ragazzi (14 – 17 anni, comunque minorenni), inizialmente provenienti dalle Paidopoleis e successivamente a richiesta individuale, allo scopo di fornire loro un avviamento professionale a numerosi mestieri tecnici[8], mentre un’istruzione generica di base viene assicurata dalla frequenza alle scuole pubbliche elementari e medie di Ag. Marina.
Vige un regime di collegio con rigida disciplina ma libera uscita festiva, ricevimento visite per familiari e corrispondenza non censurata, libera scelta dell’indirizzo tecnico da seguire, unitamente ad un’ovvia propaganda filo-governativa con indottrinamento di valori etici (famiglia-stato-lavoro).
La tipografia[9] che affianca il laboratorio didattico tipografico ed è ben attrezzata, stampa un giornale interno (Η Φοίνιξ) e contribuisce con il piccolo teatro e le sue rappresentazioni teatrali e musicali autogestite a stimolare l’attività culturale presso gli adolescenti.
Già nel marzo ’49 un primo contingente di 100 ragazzi sbarca nella banchina sommergibili da una nave militare, e danno una mano alle maestranze locali per la ristrutturazione degli edifici che li ospiteranno, alcuni dei quali (come la citata Sing sing) danneggiati dai bombardamenti.
A fine anno se ne registrano 1500, che rappresenterà la capienza “a pieno ritmo” dell’istituzione, mantenuta a tale livello sino alla chiusura nel 1964, con un totale di 16.065 diplomati nei vari corsi.
È intuitivo il grande significato che riveste per l’economia dell’isola al collasso la ripresa di un minimo di attività edile (ricostruzione e riadattamento edifici), di attività didattica (tecnici ed artigiani in ruoli di insegnamento), di commercio e di terziario, insomma l’isola rivive con i nuovi occupanti ed utilizzatori delle strutture militari abbandonate dopo la guerra.
Anche la marina militare greca contribuisce indirettamente alla ripresa, costituendo la ΥΝΤΕΛ (genio navale e scalo logistico) che prende ufficialmente in consegna nel 1953 edifici e strutture appartenenti all’ex Arsenale di Sangiorgio ed alla Base Navale di Gonià, con conseguente indotto economico derivante dalla presenza del personale militare.
Ma restano inutilizzati numerosi edifici, già appartenenti al perimetro della Base di Gonià, compresi tra l’ospedale (che è passato alla Croce Rossa greca) ed il lungomare[10]. Diventano sede della “Colonia Psichiatrica di Leros” (Αποικία Ψυχοπαθών) istituita con DR 18.3.57, che prevede 650 posti letto e 101 dipendenti[11].
I primi 100 pazienti arrivano il 3 luglio 1958 da un ospedale psichiatrico dell’Attica, subito seguiti da ulteriori arrivi che portano a 304 i ricoverati all’inizio del ’59, per aumentare lentamente fino a raggiungere un totale di 557 nel ’64.
In tale data si assiste ad una radicale metamorfosi del fenomeno, quando la chiusura delle Scuole Tecniche Reali rende nuovamente disponibili gli edifici di Lepida.
Siamo in pieno fenomeno di urbanesimo e di tumultuosa evoluzione socio-economica a livello nazionale, con profonda rivoluzione dell’assetto familiare, sino ad allora spiccatamente patriarcale specie in periferia.
L’area metropolitana ateniese supera i due milioni di abitanti. Anche gli ospedali psichiatrici registrano ricoverati in soprannumero. Quelli selezionati, sia perché non hanno più (o non hanno mai avuto) legami con la famiglia di origine, sia perché dichiarati “incurabili”, vengono smistati a Leros dove, con DR 10.2.65, viene istituito ufficialmente l’Ospedale Psichiatrico (Ψυχιατρικό Νοσοκομείο Λέρου), dotato di 2.650 posti letto e 625 dipendenti[12].
La posizione defilata rispetto ai centri abitati, prima fra questi la vicina Lakki (già Portolago), in cui si trova il complesso degli edifici utilizzati e che coincide con il perimetro dell’ex Idroscalo[13], si armonizza perfettamente con la sede ideale di una tale istituzione da sempre e ovunque.
Inoltre tutto il complesso si trova immerso nel verde, in specie la zona “residenziale” con la villa Tsigada Pasha e le circostanti palazzine ufficiali e sottufficiali, grazie alla diffusa politica, realizzata trent’anni prima dagli italiani, di mantenimento della vegetazione preesistente e di intenso rimboschimento[14].
Viene così assicurato il duplice scopo di ogni istituzione psichiatrica, sempre in bilico tra la segregazione del “matto” (di cui si ha paura e di cui ci si vergogna) e che è o è stimato pericoloso per la comunità, da un lato, e dall’altro la protezione dalla curiosità ed il rispetto al pudore del malato, a maggior ragione se psichiatrico.
Si tende infatti troppo spesso ai nostri giorni, sempre più caratterizzati da un efficientismo disumanizzante, a dimenticare il principio ispiratore della charitas ospedaliera, che nasce per offrire ospitalità e cure (in rapporto ad usanze e conoscenze del momento storico) al malato, e nel caso del paziente psichiatrico, per definizione “incapace di intendere e di volere”, anche la gestione della quotidianità e talvolta la difesa dall’autolesionismo.
I pazienti selezionati tra i più “indesiderabili” dagli altri manicomi della Grecia, iniziano a sbarcare direttamente a Lepida, con trasporti assicurati dalla marina militare, già a luglio del ’64 con 224 pazienti, cui seguono nell’arco dei successivi undici anni 33 “spedizioni” variabili in numero da decine a centinaia, l’ultima delle quali ai primi del ’75 con 241 pazienti, che portano il totale dei registrati a 2.569.
Mentre continuano a riempirsi gradualmente ma inesorabilmente i vari padiglioni, il 21.4.1967 avviene il colpo di stato dei Colonnelli, con relativi rastrellamenti di oppositori, rapidamente distribuiti in zone di confino insulari[15].
A Leros il primo contingente di confinati arriva a luglio e viene sistemato nel palazzone degli Alloggi Equipaggi, e così dopo tre anni di abbandono la vecchia Sing sing torna ad essere abitata…
Viene stimato che dal colpo di stato all’amnistia del 1970 passeranno globalmente da Leros 7.500 confinati politici, distribuiti tra gli edifici degli alloggi sommergibilisti di Sangiorgio (1.200) e Partheni (450), dove restavano inutilizzate ed abbandonate le istallazioni di Porto Rina con i depositi e le officine per siluri, mine e carburanti, e relativa logistica[16].
È opinione diffusa che a Partheni fossero stati destinati gli appartenenti all’intellighenzia in una sorta di selezione se non sociale quanto meno intellettuale, e tra gli illustri “ospiti” che transitarono per Leros si annoverano poeti come il famoso Yannis Ritsos e artisti come i tre autori degli originalissimi affreschi della vicina cappella di Ag. Kiourà, a cui si è liberamente ispirato Salvatores nel ben noto Mediterraneo.
Mentre la parentesi della Giunta militare si chiude nel ’74 con la crisi cipriota, a Leros si registrano gli ultimi arrivi dal continente, e si smistano a Gonià (sede del nucleo originario del ’57) il reparto donne ed a Lepida il reparto uomini e quello pediatrico (dagli 8 anni in su), alloggiato presso la villa Tsigada Pasha con 160 posti letto.
Il DPR 16.11.76 riunisce sotto un’unica amministrazione, che viene denominata “Ospedali Statali di Leros” (Κρατικό Θεραπευτήριο Λέρου), l’ospedale psichiatrico e l’ospedale generale, e dal ’93 anche il ΠΙΚΠΑ, con i suoi 164 bambini (in maggioranza nel frattempo diventati adulti…) ricoverati per handicap psicofisici vari ed alloggiati nell’ex Caserma Regina a Lakki.
Scorrendo le cifre dei vari decreti (reale, ministeriale, presidenziale…) pubblicati nel ventennio tra il 1965 ed il 1987 per l’istituzione e la regolamentazione delle varie amministrazioni succedutesi, si rilevano cifre in merito al personale assunto che aumentano progressivamente da 340 a 860 unità e che comprendono infermieri, inservienti, guardiani e personale ausiliario.
Interagendo con una popolazione di circa 7.000 abitanti, è evidente la fondamentale importanza del ruolo assunto man mano in tale ventennio nell’economia dell’isola dall’istituzione ospedaliera, che con una continuità di impiego garantisce la sussistenza in media di una famiglia su due.
L’isola vive un periodo di relativa prosperità, con una ripresa dell’attività edilizia nello stile “ateniese” condannato da Antoniadis, che per primo riscopre nell’84, sia pure con qualche imprecisione, l’importanza dell’architettura razionalista di Lakki, lamentandone l’oblio e la manomissione. Agli anni ‘70 risale infatti la demolizione della Casa Balilla di Bernabiti per fare posto ad un anonimo edificio di tre piani.
Sull’onda riformistica che attraversa l’Europa negli anni ’70, mentre in Italia viene varata la Legge Basaglia per la riforma psichiatrica del ’78 e l’istituzione del SSN, anche in Grecia si inizia con gli anni ’80 a parlare tra molte polemiche di riforma psichiatrica.
Con DM del 1982 viene infatti vietato l’internamento di pazienti a Leros[17], che si inquadra in una più generale disposizione del 1984 riguardante tutta la Grecia nel contesto della riforma psichiatrica disposta dalla CEE.
I fondi europei permetteranno il trasferimento del 2° padiglione di Gonià al 13° padiglione di Lepida (l’ex Palazzina Comando) e ad alcune Palazzine, con relativa ristrutturazione degli edifici.
Ma l’indirizzo della gestione prosegue con le direttive preesistenti, e nell’edificio a due piani della base sommergibili di Sangiorgio[18], ancora più defilato rispetto al complesso dell’ospedale a Lepida, entra in funzione nel 1985 come 16° padiglione il “reparto agitati” con il trasferimento interno di 154 tra i pazienti più difficilmente gestibili.
Una parentesi di 15 anni separa dunque la riutilizzazione dell’edificio dall’epoca in cui ospitava confinati politici, e resterà ancora in funzione per altri nove, prima di essere definitivamente abbandonato nel ’94.
Lo scoop di un giornalista dell’Observer, John Merritt, pubblicato il 10 settembre1989 con il titolo «The naked and the damned» (Nudi e dannati) proietta improvvisamente Leros sulla ribalta internazionale, con uno scandalo che si riverbera subito con l’intervento di Franco Rotelli all’8° World Congress of Psychiatry, che si tiene ad Atene tra il 12 ed il 19 ottobre, in cui provocatoriamente spiazza i congressisti con la proiezione delle foto appena scattate da una giovane fotografa del pool di Trieste, Antonella Pizzamiglio.
La riforma psichiatrica nazionale, finanziata da fondi europei, vacilla con la campagna denigratoria[19] internazionale ai danni della Grecia, che rischia di restare esclusa dai finanziamenti sospesi nel ’90 per lo scandalo che mantiene Leros sulle prime pagine della stampa internazionale.
Riprende però slancio con i successivi progetti europei che permettono l’intervento delle squadre di volontari (psichiatri ed operatori di salute mentale), provenienti da Italia, Olanda e Grecia, che si alternano con soggiorni nell’isola per attuare la de-istituzionalizzazione della struttura psichiatrica secondo i principi ispiratori propugnati da Franco Basaglia a Trieste.
Vengono chiusi l’uno dopo l’altro i grandi padiglioni, quelli divenuti i più tristemente famosi a causa della facile iconografia, a partire dal più noto e già citato 16°, cui seguono il più grande, l’11° (l’ex Casema Avieri[20], chiuso nel ’96), il 13° (l’ex Palazzina Comando), il 7° (villa Tsigada Pasha, il reparto pediatrico). Viene privilegiato l’uso delle Palazzine (di ben minore capacità, il che facilita notevolmente il nuovo indirizzo nella gestione del paziente) e qualche prefabbricato istallato tra queste.
Ma altre due realizzazioni della riforma ne rappresentano l’aspetto più “tangibile”[21], anche se meno “spettacolari” e simboliche delle chiusure dei grandi padiglioni, e coinvolgono sia pure in seconda battuta l’isola.
La prima è rappresentata dall’istituzione, già a partire dal ’91, di nuclei abitativi per piccoli gruppi (4-6) di pazienti almeno parzialmente autosufficienti con supporto di personale ausiliario[22].
La seconda, dalla realizzazione di supporto ergoterapico, iniziato con una cooperativa agricola istituita nel ’91, e proseguito sia con un programma di laboratori esterni di ergoterapia realizzato tra il 2002 ed il 2006, sia con la fondazione del ΚοιΣΠΕ (Cooperativa di Igiene Mentale)[23].
Prescindendo dai risultati conseguiti con la riforma psichiatrica, l’isola vive negli anni ’90 un decennio di relativo anonimato internazionale, pur mantenendo a livello nazionale un affettuoso nomignolo di “isola dei pazzi”. E attraversa un periodo, con il ritardo tipico della periferia rispetto alla capitale, di apparente benessere socio-economico sull’onda della bolla consumistica che invade la Grecia.
Con l’entrata nel nuovo millennio, una nuova spinta tumultuosa all’economia isolana arriva da una sorta di boom “turistico” sui generis e peculiare all’isola, che la investe sia da terra che dal mare.
Sul versante marittimo, si assiste alla brusca inversione di tendenza della reputazione dell’isola in ambito nautico, in precedenza negativa pur senza reali motivi. Ne consegue la “scoperta” di Leros quale scalo diportistico estivo, ma soprattutto per rimessaggio invernale, con l’arrivo in misura esponenziale di imbarcazioni a vela e parallelo sviluppo delle istallazioni cantieristiche e portuali per il diporto, quasi inesistenti ai primi del 2000.
Parallelamente, a terra si assiste ad un altrettanto esponenziale fenomeno di una originale forma di “immigrazione”, su base media semestrale, costituita da cittadini quasi esclusivamente provenienti dalla EU ed in buona maggioranza italiani[24], che ristrutturano vecchie abitazioni e sopratutto ne costruiscono di nuove in campagna.
La vocazione turistica dell’isola non è una novità. Federzoni (in arte De Frenzi) nel 1913 ne fa una brillante presentazione pochi mesi dopo l’arrivo degli italiani, descrivendo la vita dell’isola alla fine della dominazione ottomana come luogo di villeggiatura degli emigrati in Egitto che vi hanno fatto fortuna. E Desio, sull’onda della promozione turistica del Dodecaneso, ed in specie di Rodi, ne auspica lo sviluppo nel ’26, anche se il successivo utilizzo dell’isola come base aero-navale ne ha diversamente segnato l’evoluzione.
Un breve documentario in b/n del 1964 ci mostra l’isola in versione ancora “rustica” ma già investita da primitive forme di turismo balneare. Con massima espansione negli anni ’70 e ’80, si diffonde infatti il fenomeno della “seconda casa” tra gli ateniesi che riscoprono le origini familiari per la villeggiatura, specie se provengono dalle isole.
Questa forma di turismo, discreto e non di massa, di buon livello socio-culturale, che ritorna ogni anno per ritrovare casa o barca, alimenta non solo quella economia più direttamente ed evidentemente legata all’iconografia del turismo (bar, ristoranti, rent-a-car, alberghi[25]…), ma anche ed in misura non secondaria un’economia subordinata indotta dal considerevole aumento della popolazione in periodo estivo con tutte le correlate esigenze commerciali e di servizi[26].
Come tutte le forme di turismo però è particolarmente sensibile ai mass-media ed alle informazioni (e disinformazioni…) che “fanno notizia”, anche se in misura sostanzialmente inferiore all’instabile turismo di massa[27].
L’attuale fenomeno di migrazione su scala europea, iniziato con l’immigrazione clandestina africana e medio-orientale di proporzioni progressivamente crescenti dal 2002, e improvvisamente amplificatosi nel 2015 con l’arrivo dei profughi siriani, ha coinvolto particolarmente l’isola per la vicinanza alle coste turche con il “relè” di Farmakonisi[28].
All’inizio, nel primo decennio del secolo, la presenza dei clandestini in attesa di permesso di soggiorno provvisorio, distribuiti in alcuni punti dell’isola, si aggirava sul centinaio di unità in continuo ricambio[29] ed era ancora gestibile (attraverso i fondi della EU) senza affiorare troppo all’attenzione del residente locale o stagionale, e senza interferire in maniera significativa con l’economia dell’isola.
Di colpo, l’arrivo di un numero ingestibile di migranti ha sconvolto per alcuni mesi la vita dell’isola, ed in particolare di Lakki, prima che il Comune e lo Stato[30], riuscissero a fronteggiare la situazione con l’istallazione di un centro per profughi presso i locali dell’ex Caserma Regina ritagliati dal ΠΙΚΠΑ, e di uno Hotspot a Lepida con una capacità di 700 posti.
Nell’arco di 80 anni, il perimetro del vecchio Campo Marzio dell’Idroscalo, dopo aver visto passeggiare e sfilare in parata gli Avieri della R.A. prima ed i ragazzi delle Scuole Tecniche Reali poi, ed infine vagare i “matti” dell’Ospedale Psichiatrico, vede ora scontrarsi in ribellioni e tensioni razziali afgani e pakistani “parcheggiati” in prefabbricati e container senza immediata soluzione in vista…
enzob.
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Cenni di bibliografia sommaria
All’intenzione di chi volesse cimentarsi con un eventuale approfondimento, in calce vengono citati i riferimenti ad alcune fonti utilizzate per stendere queste note (unitamente alle testimonianze orali), selezionate tra quelle ritenute fra le più attendibili.
- Antony Antoniadis – Italian Architecture in the Dodecanse: a preliminary assessment – Journal of architectural education, n° 1 – 1984
- Antonello Battaglia – Il Dodecaneso italiano: una storia da rivisitare (1912‐1943) – Eurostudium, apr-giu 2010
- Τασούλα Βερβενιώτη – Οι ανήλικοι μαχητές του Δημοκρατικού Στρατού. Από τις φυλακές και τα στρατόπεδα συγκέντρωσης στις Βασιλικές Τεχνικές Σχολές Λέρου. – Η ελληνική νεολαία στον 20° αιώνα, Θεμέλιο 2010, σελ. 238-258.
- Ζήσιμος Βιρβίλλης – Η Λέρος και οι Βασιλικές Τεχνικές Σχολές – Λεριακά Νεα, a.36 n° 425, 426, 427 – 2012
- Χρήστος Γχουτίδης, Ανδρέας Γεωργίου – Νήσος Λέρος, ένα κρίκος στην καδένα της ιστορίας: Κρατικό θεραπευτήριο Λέρου – 11ου Πανελλήνιο Συνέδριο Management Υπηρεσιών Υγείας, Χανιά – οκτ 2009
- Ardito Desio – Lero, la perla del Dodecaneso – Le vie d’Italia, TCI a. 32 n° 11 – 1926
- Giulio De Frenzi – L’Italia nell’Egeo, cap 18°: L’Egitto in vacanza – Provenzani ed, Roma – 1913
- Τακης Καμπυλης – Η τραγωδία των παιδιών στα χρόνια του Εμφυλίου – Η Καθημερινή, 9.3.2008
- Aldo Levi – Avvenimenti in Egeo dopo l’armistizio – USMM ed, Roma – 1972
- Θανάσης Παραπονιάρης – Τα τετράδια του Λαλή (Μνήμες από την Λέρο, 1935 – 1965) – ΑΩ εκδ, Αθήνα – 2016
- Luca Pignataro – Il tramonto del dodecaneso italiano, 1945-1950 – Clio. Rivista internazionale di studi storici, 4 – 2001
- Paolo Valenti – Toscana, la nave dei due esodi – Luglio ed, Trieste – 2009
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[1] cognato di Re Paolo, appena salito al trono
[2] le ultime lasceranno l’isola nel ’41 con la nave-ospedale Toscana, appena completata la sommaria riconversione nell’Arsenale di Leros
[3] cui è legata la presenza dei numerosi edifici «arkontikò» in stile neoclassico di fine ‘800
[4] a cui sono da aggiungere gli italiani, stimati in 12.000 alla vigilia della 2GM, tra militari, civili e famiglie
[5] che assommava nel ‘43 a 8.300 uomini, di cui 700 civili militarizzati
[6] si concluderà alla fine del ’49 dopo la rottura Tito-Stalin
[7] dal Peloponneso e le isole a tutto l’arco montuoso a nord, dall’Epiro alla Tracia
[8] falegnami, saldatori, meccanici, elettricisti, tipografi, calzolai…
[9] oggi custodita in un piccolo Museo dedicato, situato accanto il Pirgo Belleni
[10] con la Caserma Marinai, la Palazzina Comando (diventata Circolo Ufficiali in sostituzione della distrutta Villa Apostolidis) e la residenza del Comandante, questi ultimi edifici neoclassici preesistenti
[11] 6 medici, 16 infermiere e 20 guardiani
[12] dei quali 33 medici, 111 infermieri, 200 guardiani
[13] con l’eccezione del successivo 16° padiglione ancora più defilato, a Sangiorgio
[14] principalmente eucaliptus, in ragione della tendenza acquitrinosa della zona
[15] la più importante delle quali a Ghiaros, piccola isoletta disabitata delle Cicladi
[16] oggi utilizzate dal battaglione di fanteria 588TE di stanza nell’isola
[17] che comunque già dall’ultima “spedizione” del ‘75 registra in tale data solo 66 nuovi ricoveri
[18] con una superficie 2.400 mq
[19] basti ricordare il documentario di Jane Gabriel “Island of outcast” del 1990 alla tv inglese
[20] che ospitava 850 pazienti con i suoi 4.500 mq
[21] quello “intangibile” e fondamentale essendo rappresentato dal recupero di dignità umana e da un fondamentalmente diverso approccio alla gestione del paziente psichiatrico (simboleggiati dalle foto della stessa Antonella Pizzamiglio scattate nel 2011)
[22] che nei primi del 2000 ospitano 126 pazienti in 26 appartamenti dispersi in tutta l’isola
[23] che realizza, con l’ausilio di manodopera fornita da pazienti in grado di svolgere attività lavorativa, una produzione di miele destinata alla vendita, e di prodotti agricoli e dolciari destinati al consumo interno alla struttura ospedaliera
[24] senza alcuna relazione con i precedenti storici isolani, la quasi totalità ignorando la trentennale presenza italiana nel Dodecaneso, che scoprono solitamente dopo il loro arrivo
[25] in massima parte studios
[26] una naturale evoluzione di quanto già registrato da De Frenzi un secolo prima…
[27] fortunatamente di difficile attuazione nell’isola per la conformazione orografica stessa, che offre numerose ma piccole e sparse spiagge
[28] isoletta disabitata a metà strada tra Leros e Turchia, che ricade nell’area di competenza del Comune di Leros e delle locali istituzioni militari e di guardacoste
[29] si stima che tra il 2002 ed il 2009 siano transitati dall’isola 7.500 migranti
[30] attraverso FRONTEX, UNHCR e numerose altre sigle internazionali della famiglia ONG