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La mostra di Antonella Pizzamiglio…

 

 

 

 

verrà inaugurata venerdì 19 giugno alle 19:00 presso i locali del KOISPE a Lepida e resterà esposta fino al 29 giugno dal lunedì al venerdì e dalle 10:00 alle 13:00.

Alla inaugurazione della mostra interverranno l’autore, il SG in rappresentanza dell’AIAL, il dr Dimitris Kostopoulos, ex-dirigente dell’Archivio Storico di Leros, con un inquadramento storico-urbanistico dei luoghi, e l’arch Christos Goutidis, con una esposizione storico-architettonica degli edifici.

La mostra, esposta in Italia tra il 2010 ed il 2012 alla Triennale di Milano, a Trieste, Cremona, Arezzo e Casalmaggiore, presenta le storiche foto a colori scattate dall’artista nel lontano 1989 che fecero scandalo al Congresso Internazionale di Psichiatria ad Atene segnando l’inizio della riforma psichiatrica in Grecia, accanto a quelle in bianco&nero della rivisitazione a vent’anni di distanza nel 2011, che documentano i progressi compiuti nel trattamento e gestione del paziente psichiatrico con una riconquistata dignità umana, e del degrado in cui versano oggi i locali abbandonati.

thumb_prosklisi_25annidopo-2La mostra è organizzata dall’AIAL con la collaborazione del KOISPE (Cooperativa Sociale di Igiene Mentale) del Dodecaneso, dell’Ente Ospedaliero Statale di Leros e del Comune di Leros, e costituisce il primo evento della manifestazione per i 25 anni di riforma psichiatrica a Leros che si svolgerà dal 19 al 21 giugno e di cui abbiamo pubblicato il programma nella relativa pagina.

Per l’occasione, è prevista una visita guidata agli edifici abbandonati di Lepida nell’ambito degli Itinerari Storici organizzati a cura dell’AIAL in collaborazione con LerosActive.

 

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Prefazione del Dr Yannis Loukas al volume “Leros, il mio viaggio” di Antonella Pizzamiglio, di recente pubblicazione

LEROS, L’ISOLA DEGLI INTERNATI

Leros, con i 2000 sguardi che ti spogliano anima e corpo, ferite che guariscono solo se smetti di sentirti in colpa per la loro esistenza.

Leros, l’isola che, con le caserme italiane, ha ospitato molti internati da diverse provenienze, figli di quelli che avevano perso la guerra civile, combattenti della  resistenza, e dal 1958 i “pazzi”, quelli che nessuno cercava, gli esiliati da tutti gli ospedali psichiatrici del paese.

Per anni, intorno a queste persone esiliate, il silenzio, il disinteresse totale della comunità scientifica.

Negli anni ’60 -’70 chi parlava di Leros nei circuiti psichiatrici si confrontava con la maggioranza che rimaneva ostinatamente sorda, forse perché riconosceva il “perfetto capolavoro della psichiatria istituzionale”, come ha descritto giustamente Franco Rotelli (tutta la situazione rimandava ai lager o, come diceva Franco Basaglia, ai crimini in tempo della pace).

Alcuni di noi hanno creduto che potevamo cambiare il destino di queste persone, abbiamo dovuto invadere violentemente, tante volte clandestinamente, questo silenzio.

Chi di noi ha visto quelli occhi si è innamorato ed ha odiato nello stesso momento.

Ci siamo innamorati degli occhi di quelle  persone, e nello stesso momento abbiamo odiato l’apparato istituzionale.

Ci siamo incontrati in tanti, soprattutto giovani, in questo viaggio, con diverse esperienze, culture, lingue. Primo obbiettivo: rompere il silenzio. Come sogno comune di tutti noi, la prospettiva di cambiare l’apparato istituzionale.

La fotografia è stato uno strumento importante per far conoscere Leros, sia come mezzo di denuncia, sia come pressione  e leva per il suo cambiamento.

Antonella e il suo obbiettivo fotografico facevano parte di questo tentativo. Ha annunciato la sua presenza apertamente, non è entrata clandestinamente ed era pronta di assumere le conseguenze della sua invasione. Ha rispettato e affrontato con molta attenzione tutti quelli che non volevano la comunicazione.

Nelle prime foto gli internati di Leros non si sono difesi dall’obbiettivo della macchina fotografica, non hanno cercato di abbellire la loro immagine.

Antonella ha una confidenza  con la malattia mentale, soprattutto con la situazione di Leros, credo perché si è innamorata anche lei di questi sguardi.

Ha scelto, con la sua macchina fotografica, di urlare contro l’istituzionalizzazione, l’internamento, l’abbandono. Ha cercato di mostrare come “persone” loro che senza nome  rimanevano invisibili, nella malattia e nell’abbandono, agli occhi di molti.

È entrata nella porta dell’Ade con gli occhi aperti.

Dopo 21 anni di silenzio torna di nuovo con gli stessi occhi, imprevedibile come l’hanno denominata, ancora innamorata e carica sempre non di odio ma di amore, per guardare di nuovo, per vendicarsi di quello che sognava di cambiare con il suo primo lavoro.

Questo suo sguardo può mantenere tutti noi svegli, soprattutto in questo periodo.

Per resistere a ciò che appiattisce la dignità umana, a ciò che limita i diritti umani.

Yannis Loukas

 

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