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VI Settimana della Cucina Italiana nel mondo


Dal 22 al 28 novembre 2021 viene celebrata nel mondo la VI edizione della Settimana della Cucina Italiana, una iniziativa del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale per promuovere la tradizione culinaria italiana come eccellenza del Made in Italy, simbolo dell’identità e della cultura italiana. Nell’ambito della rassegna, uno Speciale dedicato all’evento propone alcuni documentari che raccontano dell’incontro fra ingredienti d’Oriente e d’Occidente e di una produzione che difende strenuamente il suo valore etico. E tre pellicole in qualche modo legate all’ambito alimentare.
Dal più classico Miseria e Nobiltà, dove il vero protagonista è la mancanza di cibo, al più recente Finché c’è prosecco c’è speranza, in cui la produzione del prosecco fa da sfondo alla narrazione. Tema dei docu-film I villani e Focaccia blues è il contrasto fra tradizione e modernità, piccole realtà gastronomiche che si scontrano con la sempre più dilagante “globalizzazione” del cibo, in un conflitto che per certi versi ricorda quello biblico di Davide contro Golia. Infine, due filmati selezionati dalla serie Food Makers – Go Global raccontano l’incontro ed il confronto fra artigiani del cibo di Oriente e Occidente.

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Miseria e nobiltà – Mario Mattoli, 1954
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Ambientata nella Napoli di fine ‘800, è la storia di Felice Sciosciammocca, scrivano e Pasquale, poveri in canna e costretti per questo a vivere alla giornata, spesso impegnando oggetti di casa al banco dei pegni. Un giorno però, alle due famiglie si presenta un’occasione d’oro: il marchesino Eugenio vorrebbe sposare Gemma, una famosa ballerina, ma i suoi genitori non approvano il matrimonio. Il padre di Gemma, però acconsente alle nozze, solo se anche i genitori di Eugenio acconsentono. Eugenio, quindi, chiede a Felice e Pasquale ed alle rispettive mogli di presentarsi a casa del padre di Gemma spacciandosi per i suoi aristocratici parenti. Dopo un lauto pranzo offerto da Eugenio alle famiglie di Felice e Pasquale, inizierà una serie inarrestabile di equivoci.

Per celebrare l’opera di Eduardo Scarpetta, la pellicola si apre in teatro dove il programma presenta i titoli di testa. La bravura attoriale è espressa non solo dalla voce e l’intonazione degli interpreti, ma dalle espressioni e in particolar modo dai movimenti del corpo e dalla gestualità delle mani. In effetti, seppure le inquadrature vadano dalla figura intera al mezzo primo piano, vengono sempre mostrate le mani che accompagnano il discorso. Inoltre, i personaggi non stanno mai di spalle, poiché si tiene in considerazione la presenza del pubblico. Tutto è perciò reso in modo particolarmente teatrale ed enfatico e, allo stesso tempo, autentico e genuino. Nonostante le tematiche profonde, le scene sono sempre esilaranti e mantengono una costante comicità grazie ai clichè del cinema napoletano. Come nella sequenza in cui, per scappare da don Gioacchino, Felice e Pasquale entrano in casa della signorina piemontese e con il piccolo Peppeniello si contendono una fetta di pane, burro e marmellata. Anche la famosa scena degli spaghetti è finalizzata a sottolineare la fame. Invece la difficoltà del lavoro è ben chiara negli episodi della scrittura della lettera al contadino e della fotografia ai neosposi. I dialoghi sono spassosi persino nei litigi tra Luisella e Concetta. Come l’inizio, anche la chiusura si svolge in teatro. Alla fine della vicenda, Felice e gli altri personaggi si voltano verso la camera. L’inquadratura si allontana, mostrandoli sul palcoscenico.

[Fatima Fasano]

Finché c’è prosecco c’è speranza – Antonio Padovan, 2017
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Un giallo quantomeno inusuale per il cinema italiano, ambientato in una location poco battuta e con un protagonista decisamente lontano dal canone dell’investigatore nostrano, Finché c’è prosecco c’è speranza è un film che si snoda su diversi livelli. Da una parte c’è il caso, gestito da Stucky, interpretato da un ottimo Giuseppe Battiston, con una calma che apparentemente poco si sposa con la velocità con cui si muovono omicidi e indagini, ma che lo conduce laddove le velleità da supereroe mai avrebbero potuto. Dall’altra, una serie di sottotrame accennate ed esplorate quanto basta per non togliere il ritmo all’azione: l’animata vita privata di Ancillotto, il lutto di Stucky per la perdita della madre e il contrasto con lo zio. Soprattutto, una voce ecologista che fa da eco a tutto il film, che non risulta mai pesante o moralista.

[Martina Ghiringhelli]

 “Dopo aver passato un terzo della mia vita a New York, l’ispettore Stucky è venuto a prendermi e mi ha riportato alla mia terra: un piccolo arcipelago di dolci rilievi trapuntati di vigne, che si sta trasformando velocemente in un frenetico luna park eno-finanziario: “Proseccolandia”. Finché c’è Prosecco c’è speranza vuole essere un giallo, ma al tempo stesso un modo per puntare la lente d’ingrandimento su una realtà geografica poco esplorata dal cinema italiano. È un’indagine impregnata di riflessioni sul futuro che vogliamo. Un inno all’andare piano, assaporando la vita. Un ritratto di un territorio ingarbugliato tra progresso e tradizione, tra eccellenze e vergogne. Una lettera d’amore.”

[Antonio Padovan]

Focaccia blues – Nico Cisarola, 2009
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Idea azzeccatissima quella di raccontare la storia esemplare, realmente accaduta ad Altamura in Puglia, del gigante mondiale della ristorazione fast – insomma Mcdonald’s – indotto ad abbandonare la piazza dalla concorrenza di un fornaio maestro nell’arte della focaccia. Una storia che scalda i cuori. Nico Cirasola, cineasta naif (che non è un’offesa) di già lunga militanza, la racconta servendosi di una formula mista docufiction. “Docu” nella testimonianza di un giornalista francese, “Fiction” nel personaggio del fruttivendolo innamorato della qualità e della procace cliente Rosa.

[Paolo D’Agostini]

Questa è la vera storia della focaccia che mangiò l’hamburger, che trae spunto da una vicenda accaduta realmente qualche anno fa ad Altamura, in Puglia, dove venne inaugurato, tra la curiosità della gente del luogo, un grande McDonald’s di 550 metri quadri. Dopo qualche mese, Luca Digesù avendo un locale proprio accanto al “gigante” americano decise di aprire una piccola panetteria in cui produceva la sua specialità: la focaccia. Lentamente, da quel momento, giorno dopo giorno, la concorrenza “leale” del panettiere altamurano mise sempre più in crisi il grande Fast Food, che da lì a pochi mesi fu costretto a chiudere. Nel film la storia è raccontata direttamente attraverso l’esperienza dei simpatici abitanti del paese, da un giornalista francese e dall’avventura di Onofrio, giunto negli USA armato di decine di focacce con uno scopo preciso: far conoscere agli americani la bontà della focaccia. Alla vicenda realmente accaduta si unisce poi la favola d’amore tra Dante, un fruttivendolo amante della qualità, e Rosa, sua cliente abituale, affascinata dall’arrivo in città di uno strano personaggio, Manuel (Luca Cirasola) un anti-eroe western moderno, deciso a colonizzare tutto ciò che gli passa davanti.

I villani – Daniele De Michele, 2018
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“Questa gente mi raccontava il suo stare al mondo, il suo rapportarsi alla terra e alla storia del luogo che le aveva dato nascita. Era in questo intessersi delicato, talvolta ironico, talvolta doloroso tra i racconti intimi del loro vissuto e il loro cucinare con perizia, intelligenza, senso dell’osservazione che veniva fuori il senso più profondo della cucina italiana: il suo essere saggia, gustosa, parsimoniosa, rispettosa dei prodotti della terra e del mare. Questa gente mi mostrava in quei gesti sicuri come la modernità andasse in conflitto radicale con quella cultura. Un conflitto che andava al cuore del problema.

[Daniele De Michele]

La cucina popolare italiana, amata e imitata in tutto il mondo, sta morendo. Ma in tanti provano a salvarla. Il film segue quattro personaggi dall’alba al tramonto, da inizio a fine giornata di lavoro. Il passare delle ore scandisce la presentazione di ogni personaggio. Li si vede inizialmente nei loro spazi, nelle loro mansioni, per poi addentrarsi nelle loro difficoltà quotidiane. Al calar del sole emerge la soluzione, attraverso la loro etica, il loro sapere, la comunità che creano, l’eredità che lasciano. Sono stati scelti quattro personaggi che potessero rappresentare la cucina italiana, rispettando le varie caratteristiche che la compongono: Nord e Sud, uomini e donne, giovani e anziani. Quattro “villani” che parlano di agricoltura, pesca, allevamento, formaggi e cucina familiare. Quattro personaggi che nel loro fare quotidiano rappresentano la sintesi delle infinite resistenze e reticenze ad adottare un modello gastronomico e culturale uguale in tutto il mondo. Quattro personaggi con le loro famiglie per poter verificare se la cucina italiana sia ancora un patrimonio vivo, se il passaggio di informazioni tra generazioni esiste ancora, se la cucina italiana così come l’abbiamo ereditata si salverà o scomparirà.

Foodmakers go global – Clio Sozzani, Claudia Palazzi, 2018
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Il cibo nel mondo è una varietà infinita di colori, sapori, forme e profumi. La qualità dipende dal know how, dalla tecnica e dalla destrezza manuale delle persone che lo producono. Come cambia un prodotto e diventa una prelibatezza nelle mani dei produttori che vivono ai poli opposti della terra? In questo documentario del ciclo Food Makers – Go Global, due food makers, uno attivo in Europa e l’altro nell’Asia vivranno insieme per una settimana condividendo esperienze e segreti del mestiere. I loro mondi si confronteranno da diverse angolazioni: lavoro, impresa, vita privata, procedura di produzione e caratteristiche di mercato.

Il loro è un incontro tra due realtà, due culture per tanti versi molto diverse, ma ambedue alla ricerca di equilibrio tra nuove tecnologie e antiche abilità. Parlano lingue diverse ma sono uniti dalla stessa passione: la produzione di un alimento “d'eccellenza”, radicato nel proprio contesto ambientale e culturale, molto diverso da quello standardizzato e anonimo della grande distribuzione. Attraverso gli occhi di chi preserva le tradizioni culinarie dei propri paesi di origine, viene proposta una maggiore consapevolezza di una produzione alimentare sostenibile su scala mondiale. Accompagnando lo spettatore dietro le quinte della filiera gastronomica, il documentario rivela l’essenza delle specialità culinarie prodotte dai due artigiani e sottolineata l’importanza della preservazione del patrimonio mondiale delle tecniche tradizionali di produzione alimentare.

Un mondo di pasta

Nonostante i noodles cinesi siano di colore prevalentemente bianco e preparati con grano tenero, Yao Hongying produce noodles organici di colore verde insaporiti con l’estratto di una pianta tipica dell’Asia, l’orchidea Dendrobium, nella sua fattoria nel sud della Cina. Viaggerà per 9200 chilometri per incontrare Amedeo Grappi, che produce pasta nelle colline toscane. Nel laboratorio di Amedeo a Pienza, imparerà a lavorare il grano duro e a modellare le diverse forme della pasta. Insieme creeranno dei tagliolini al dendrobium, qualcosa di unico e autentico. Proprio la preparazione della pasta con un estratto vegetale si rivelerà per Amedeo molto stimolante sia professionalmente che personalmente, oltre che emozionante data la presenza di due assaggiatori d’eccezione: i genitori di Amedeo.

La bottarga incontra il karasumi

In Europa la chiamiamo bottarga, in Giappone karasumi. Da noi si usa grattata sulla pasta, con gamberi e pomodoro. In Giappone viene tagliata a fette sottili e accompagnata con il sakè. Petros, in Grecia, produce bottarga e porta avanti le tradizioni di famiglia. Viaggerà per 9.800 km per vedere come Takano lavora il suo pesce in Giappone. Questo viaggio sarà uno scambio intenso di segreti artigianali e un’immersione totale in un altro modo di vivere.

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