AEROVISIONI: il meta-futurismo secondo GiDiPi
Il Generale Giacomo De Ponti ha iniziato la sua produzione artistica realizzando originali aerografiche ispirate alle leggendarie crociere aeree italiane che rievocano un particolare momento storico della nostra aeronautica: l’epoca pionieristica in cui le ali tricolori hanno raggiunto tutti i continenti.
Le sue opere, alcune delle quali sono oggi esposte al Museo dell’Aeronautica Militare, nelle sale storiche del Palazzo dell’Aeronautica (sede dello Stato Maggiore AM), nella sala VIP dell’aeroporto di Ciampino ed in collezioni private, si ispirano al movimento futurista ed alla sua avanguardia artistica ‘Aeropittura’.
La mostra ripercorre l’iter artistico dell’Autore, che si snoda dal 2010 al 2023 attraverso mostre ed eventi commemorativi lungo il filo conduttore del volo, dagli epici inizi agli sviluppi ed alle evoluzioni attuali. Ma allontanandosene talvolta con puntate stilistiche che, pur mantenendosi nell’ambito dell’Art Déco, si distaccano nettamente dal filone principale che reinterpreta in maniera originale e personalissima la corrente artistica dell’Aeropittura.
Ritroviamo così ricordi di trasvolate atlantiche e di esplorazioni spaziali, di esordi dell’aviazione civile e della ricerca e soccorso a mare, di eventi storici e di accademie militari. E, seppur filtrato attraverso l’unicità della composizione, identifichiamo talvolta qualche elemento che ci permette di ipotizzare un riferimento ad opere precedenti, un implicito omaggio ad artisti che hanno segnato la storia dell’avanguardia futurista (Tullio Crali, Tato, Depero, Mino Delle Site…), a consolidarne il legame artistico ma innovandola con l’originalità del segno e l’attualità della tecnica.
Le opere presentate nella mostra rappresentano una selezione esemplificativa della produzione artistica dell’Autore, e sono raccolte nel catalogo raggruppate tematicamente, seguendo un criterio filologico e non cronologico, In tal modo ci si è prefisso di seguire più agevolmente l’Autore nelle diverse angolazioni interpretative dei vari contenuti, dato che si è interessato poliedricamente a soggetti molto diversi, aderendo all’occasione dell’evento che ha così originato l’ispirazione artistica.
GiDiPi, l’artista
[al secolo: GDA(r) Giacomo De Ponti]
Nato in Umbria nel 1956, dopo l’Accademia Aeronautica ha conseguito il brevetto di Pilota Militare presso una base USAF del Texas. È stato assegnato al 15° Stormo SAR (Search and Rescue) dell’aeroporto di Ciampino. successivamente al comando del 31° Stormo Trasporti Speciali ed è stato Comandante dell’aereo della Presidenza dei Ministri.
Ha ricoperto svariati incarichi di comando presso lo SMA, di Addetto Difesa presso l’Ambasciata d’Italia a Praga e di Deputy Director dello European Air Group di Londra, ed è stato posto in congedo con il grado di Generale di Divisione Aerea.
Ha totalizzato oltre 3800 ore di volo su 19 tipi di velivoli, è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche ed in Scienze Aeronautiche, ed insignito di decorazioni ed onorificenze nazionali e NATO.
Futurismo e Aeropittura
I primi segnali di un manifesto interesse per la dinamicità del volo e la velocità si rintracciano nello scritto di F. T. Marinetti “L’aeroplano del Papa”, dato alle stampe nel 1912 anche se occorrerà attendere il 1929 per vedere l’interesse verso l’Aeropittura codificato nel “Manifesto dell’Aeropittura futurista”, firmato da F. T. Marinetti, Giacomo Balla, Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Gerardo Dottori, Benedetta Cappa, Fillia, Tato e Mino Somenzi.
Era stato Somenzi che, l’anno precedente, nel 1928, aveva redatto un manifesto tecnico, “Aeropittura e Aeroscultura”, che avrebbe fatto da canovaccio alla dichiarazione dell’anno successivo. Sarà proprio Marinetti che in un suo articolo nel 1931, conferma la genesi del Manifesto: “La convivenza in carlinga col pittore Dottori, intento a prendere appunti dall’alto, ha suscitato in un altro artista, Mino Somenzi, la concezione precisa dell’Aeropittura”.
Così recitava, nella sua parte più tecnica, il Manifesto dell’Aeropittura:
NOI FUTURISTI DICHIARIAMO CHE:
- Le prospettive mutevoli del volo costituiscono una realtà assolutamente nuova e che nulla ha in comune con la realtà tradizionalmente costituita dalle prospettive terrestri.
- Gli elementi di questa nuova realtà non hanno nessun punto fermo e sono costruiti dalla stessa mobilità perenne.
- Il pittore non può osservare e dipingere che partecipando allo loro stessa velocità.
- Dipingere dall’alto questa nuova realtà impone un disprezzo profondo per il dettaglio e una necessità di sintetizzare e trasfigurare tutto.
- Tutte le parti del paesaggio appaiono al pittore in volo:
a) schiacciate,
b) artificiali,
c) provvisorie,
d) appena cadute dal cielo. - Tutte le parti del paesaggio accentuano agli occhi del pittore in volo i loro caratteri di:
folto, sparso, elegante, grandioso. - Ogni Aeropittura contiene simultaneamente il doppio movimento dell’aeroplano e della mano del pittore che muove matita, pennello o diffusore.
- Il quadro o complesso plastico di Aeropittura deve essere policentrico.
- Si giungerà presto a una nuova spiritualità plastica extraterrestre.
Nelle velocità terrestri (cavallo, automobile, treno) le piante, le case ecc., avventandosi contro di noi, girando rapidissime le vicine, meno rapide le lontane, formano una ruota dinamica nella cornice dell’orizzonte di montagne mare colline laghi, che si sposta anch’essa, ma così lentamente da sembrare ferma. Oltre questa cornice immobile esiste per l’occhio nostro anche la continuità orizzontale del piano su cui si corre.
Nelle velocità aerea invece mancano questa continuità e quella cornice panoramica. L’aeroplano, che plana si tuffa s’impenna ecc., crea un’ideale osservatorio ipersensibile appeso dovunque nell’infinito, dinamizzato inoltre dalla coscienza stessa del moto che muta il valore e il ritmo dei minuti e dei secondi di visione-sensazione. Il tempo e lo spazio vengono polverizzati dalla fulminea constatazione che la terra corre velocissima sotto l’aeroplano immobile.
Dai primi segnali del 1912 fino alla stesura del manifesto programmatico assistiamo ad una evoluzione e ad una trasformazione che segue costantemente l’evoluzione della meccanica.
La meccanica offriva la possibilità di nuove prospettive e di nuove visioni e, senza dubbio, la comparsa dell’aeroplano avrebbe offerto una prospettiva completamente diversa rispetto a tutti gli altri mezzi di locomozione ancorati a terra.
Se dunque la pittura futurista fu in generale pura esaltazione del dinamismo e della velocità di cicli e motocicli, ma anche di auto, treni, motoscafi e navi, tutti mezzi meccanici della modernità che sviluppavano dinamismi di terra, con l’aeroplano non solo la velocità è enormemente più elevata, ma soprattutto si alza dalla terra e con il dinamismo nell’aria ottiene una visione differente del paesaggio, del mondo, con sensazioni e restituzioni pittoriche nuove ed avvincenti.
Il dinamismo non è più solo un evento meccanico, ma diviene un procedimento mentale, capace di cambiare per sempre le prospettive di visione.
Complici di tale nuovo stato d’animo erano stati il progresso tecnico dell’aeroplano, la fortuna che accompagnò il suo perfezionamento e la guerra. Era stato proprio negli anni ‘20 del Novecento che l’aviazione italiana si era resa protagonista nel mondo con una serie di spettacolari trasvolate: nel 1919 la trasvolata in Argentina; nel 1920 il raid Roma-Tokio, che ebbe numerose disavventure; ancora a Tokyo e Melbourne con De Pinedo nel 1925; sempre nel 1925 la trasvolata dei Mari del Nord, e ancora nel 1927 la trasvolata delle due Americhe; nel 1928 la trasvolata del Polo Nord, durante la quale furono avvistati i superstiti del dirigibile Italia nella famosa tenda rossa.
Ma è con la spettacolarità delle crociere in formazione che si impone la fama dell’aviazione italiana, non più exploit ed eroismo personale ma programmazione e lavoro di squadra: nel 1928 con le due crociere del Mediterraneo Occidentale ed Orientale; nel 1930 con la trasvolata Italia-Brasile; e soprattutto nel 1933 con la trasvolata Roma-Chicago “del Decennale” che consacrerà l’aviazione italiana con l’enorme successo che ottenne in Italia ed in America, grazie anche ai potenziati mezzi di comunicazione dell’epoca.
Questo susseguirsi di imprese, coadiuvate dall’appoggio del governo che intendeva promuovere sul palcoscenico mondiale l’immagine dell’Italia, contribuirà enormemente alla creazione di una nuova epica. Le estreme condizioni cui venivano sottoposti i velivoli ed i piloti rendeva tali imprese uniche ed eroiche. Un simile richiamo non poteva essere sottovalutato dallo spirito futurista che necessitava di alimentare il proprio lirismo verso orizzonti nuovi ed inesplorati che avessero al centro l’ardire dell’uomo. Tale nuova prospettiva verrà non solo profondamente interpretata dall’Aeropittura ma, ancor più, sarà trampolino di lancio per nuovi ed ancor più lontani orizzonti. Scriverà infatti Prampolini a margine di una importante mostra che si terrà nel 1931 alla Galleria Pesaro a Milano: Siamo di fronte a un “nuovo spirito extraterrestre trasfigurato”, pronti ad un “nuovo dinamismo cosmico”, proiettando così l’orizzonte verso l’universo.
Molto più concreto il commento di Marinetti che preferisce invece presentare un’immagine più tecnica, avvertendo la necessità di non sbilanciarsi, di fronte al pubblico, in affermazioni visionarie estreme: “[…] disprezzo profondo per il dettaglio e necessità di sintetizzare [...] perché tutte le parti del paesaggio appaiono al pittore: schiacciate, artificiali provvisorie, [...] il tempo e lo spazio vengono polverizzati dalla fulminea costatazione che la terra corre velocissima sotto l’aeroplano immobile”.
L’Aeropittura diventava, fors’anche inconsapevolmente, premonitrice di una esplorazione dello spazio che se tecnicamente non ancora ipotizzabile, certo lo era nello spirito. Ed era questo un sentimento coinvolgente, condiviso nell’entusiasmo riscontrato dalla stupefacente accoglienza del pubblico agli eventi espositivi. La fama e la popolarità dell’Aeropittura si diffuse in tutta Europa: tra il 1931 ed il 1935 si realizzano mostre a Tripoli, Parigi, Bruxelles, Atene, Nizza, Amburgo, Berlino, Vienna, Lipsia, Istanbul, raccogliendo ovunque unanimi consensi dei visitatori e della critica. L’Aeropittura diventa popolare, letta facilmente da un pubblico eterogeneo, tanto che Marinetti e i suoi pubblicarono poi nuovi manifesti legati all’Aeropittura: Aeropoesia e arte pubblicitaria nel 1931, nel 1934 Architettura aerea e Aeromusica, in un clima di eccitazione aviatoria collettiva.
Notevole era stata la sua diffusione nell’Europa del tempo. La sua influenza si era largamente estesa, nonostante qualche emarginazione, in particolare dei francesi. Infatti, la Polonia si ispira ad essa nel Formismo, la Spagna nel Vibrazionismo, l'Inghilterra nel Vorticismo, il Belgio, l'Europa centrale, poi oltre l'Europa: in Giappone, negli Stati Uniti, in Messico con lo Estridentismo. Alcuni artisti si ispirano o si cimentano con il futurismo e l’Aeropittura pur senza aderire al movimento: Robert Delaunay, Marcel Duchamp, Francis Picabia, Fernand Léger, František Kupka, August Macke, Franz Marc. In Russia Vladimir Maïakovski è il primo poeta ad interessarsi al futurismo, Nathalie Gontcharoff e Michel Larionov aderiscono subito al movimento pittorico e creano il Raggismo, movimento astratto ad esso ispirato. In Grecia Jorghos Theotokàs, uno dei maggiori esponenti della “generazione degli anni ‘30”, aveva idealizzato l’immagine del volo nella sua esortazione rivolta ad un popolo stanco ed apatico, incapace di risollevarsi dalla sconfitta in Asia Minore: “Un aeroplano che solca il cielo di Grecia, sorvola il Partenone, esprime un’armonia nuova che nessuno ha ancora concepito”.
Tale larga eco e diffusione era il frutto di quella che è stata definita la seconda generazione futurista che si era palesata al pubblico proprio con la grande mostra di Milano del 1931: “…la Galleria Pesaro di Milano allestisce quella che può essere considerata la prima manifestazione collettiva di opposizione al futurismo. Sono i giovani della corrente detta dei “futuristi di seconda generazione” (e fra essi ricordiamo Bruno Munari, Tato, Depero, Prampolini, Fillia e Dottori) a ribellarsi al conformismo dei loro predecessori e orientarsi verso un astrattismo decisamente europeo”, scriverà Tristan Sauvage nel 1957.
Tuttavia il legame tra la “prima generazione” e la “seconda generazione” è saldo, anche se vi fu una profonda trasformazione degli oggetti rappresentati in senso astratto perché il volo, la velocità, il dinamismo, erano concetti tutti nuovi da sperimentare. Lontani dalla dimensione umana fino ad allora conosciuta, tali concetti richiedevano una rappresentazione ed una simbologia tutte nuove che l’astrattismo provò a risolvere con forme e colori dirompenti e onirici.
Il pittore aerofuturista, nel rispetto dello spirito marinettiano di attingere alla propria esperienza, non poteva, almeno in teoria, prescindere dall’esperienza diretta del volo. Non tutti furono in realtà diligenti discepoli, anzi, l’esperienza del volo venne in pratica vissuta solo da pochi. Tra tutti, emblematica la figura di Tullio Crali che a più riprese sperimentò questa ebbrezza. Prima a Roma, nel 1937, dove il Presidente della Compagnia aerea Ala Littoria gli concesse voli gratuiti per ragioni artistiche su tutti i voli di linea, e poi a Gorizia, dove il maggiore Ernesto Botto gli concesse di volare nelle carlinghe degli aerei da caccia.
Indiscutibilmente l’avvicinarsi della guerra contribuì all’esaltazione dell’Aeropittura anche se lo spirito bellico, pur contemplato nei canoni futuristi, era mezzo per il raggiungimento di una estetica che esaltasse l’uomo, e non promozione politica.
Se Marinetti, nelle sue esagerazioni aveva necessità di ridefinire il significato del futurismo alla luce delle nuove politiche, è pur vero che molti degli aderenti all’Aeropittura iniziarono a vivere un periodo di dubbio e di scetticismo che poi li avrebbe condotti alla crisi con gli esiti di quella guerra che avevano idealizzato come espressione dell’entusiasmo degli anni venti.
L’incontro tra l’uomo e la meccanica che aveva contraddistinto la genesi del movimento, una volta superato il difficile periodo della ricostruzione si ripresenta lentamente in Europa per divenire tramite tra l’uomo e la tecnologia. Abbandonata l’esaltazione delle forme estreme, negli anni ’60 nasce il Neofuturismo. Se prima la battaglia era contro il conservatorismo della classicità e la sua conseguente immobilità, stavolta il nemico era il consumismo. Il rinnovamento sarebbe andato alla ricerca di una nuova estetica e di una nuova funzionalità delle città in rapidissima crescita. Le nuove forme espressive saranno prevalentemente affidate all’architettura ed al design ma non mancheranno i pittori, primo fra tutti Daniel Schinasi che addirittura produsse un Manifesto Neofuturista. Elaborato alla fine degli anni Sessanta, raccoglie l’esigenza originaria di catturare la tensione dinamica spazio-temporale attraverso l’arte pittorica. Liberato dalla violenza e dagli esiti distopici del suo precursore Marinetti, il movimento neofuturista propone un’idea di modernità all’altezza dei tempi nuovi pur attingendo a velocità, forza e dinamismo, così come nelle opere del primo futurismo. Inevitabile sarà il confronto con la memoria e sempre di più risuonerà il concetto della pace all’interno del movimento.
Oggi, dopo una ulteriore evoluzione, il neofuturismo si manifesta nella ricerca delle soluzioni che possano riconciliare l’uomo al proprio ambiente, coadiuvato dalla tecnologia che, se fino agli anni ’90 del Novecento ha dilatato gli orizzonti espandendo la percezione dell’universo, negli ultimi decenni è incline a concentrarsi su nuove soluzioni che possano permettere un miglioramento della vita del genere umano sulla terra, quasi operando una inversione di tendenza, forse anticipando un nuovo umanesimo.
[Enzo Terzi]
[edizione virtuale del catalogo]