Le inchieste del Commissario Diamante
L’Autrice
Nata a Vienna da genitori italiani (e progenitori sparpagliati dal Friuli alla Sicilia), ha insegnato lettere per vent’anni ed ha lavorato nella scuola dell’infanzia come tutor formatore interessandosi di ricerca psicanalitica.
Accanto alla scuola ed alla psicanalisi, tra i suoi molteplici interessi ci sono: la letteratura (la trilogia noir in presentazione, alcuni racconti pubblicati online su Apeiron, sul settimanale Diario e sulla rivista Nautica), il cinema (co-sceneggiatura di Solamente nero, 1978 e Funérailles, 2024), la vela.
La trilogia
Hotel Miniera
La storia è ambientata in Sardegna, tra ex minatori e tradizioni popolari.
Federico Diamante, un commissario con una tristissima vicenda personale alle spalle, è a capo di una sezione “speciale” della polizia che si occupa di delitti sconcertanti, sètte ed esoterismo. Sotto il sole prepotente, caldo ed escludente d’una estate che non vuol saperne di cedere il passo all’autunno, tra spiagge deserte, mare incontaminato, tanto profondi quanto oscuri e malsani cunicoli, i personaggi si rincorrono, ciascuno a suo mondo implacabile; e diventa quasi impossibile distinguere chi insegue da chi è inseguito, chi ha ragione da chi ha torto.
“Si può dimenticare un dolore?” si chiede ad un certo punto Federico. In questa domanda c’è tutto il senso di una storia nella quale non ci sono né sommersi né salvati, ma soltanto uomini in cerca di un equilibrio interiore che è loro negato per colpa, per vizio o per virtù.
La Sardegna del sud si caratterizza, oltre che per le spiagge ancora incontaminate, anche per i suoi rituali folkloristici, immutati nel tempo e testimoni di una cultura forte e in costante lotta contro l’appiattimento e la cancellazione di arcaiche credenze e usanze.
L’area dell’Iglesiente è un territorio in cui pulsano incontrastate la natura e la storia. La natura è incontaminata nei rilievi montuosi come nelle valli, irrorate da fiumi che talvolta precipitano in spettacolari cascate; nelle profonde grotte come nelle spiagge estese che caratterizzano il tratto costiero. La storia dell’uomo è testimoniata dalle numerose emergenze archeologiche e storico-artistiche disseminate in tutto il territorio: dal tempio di Antas al nuraghe Domu de s’orcu, fino alle architetture medioevali di Iglesias e alle rovine del Castello d’Acquafredda, costruito nel 1200 dalla famiglia pisana dei conti della Gherardesca.
Le vaste risorse metallurgiche sono testimoniate fin dai primi insediamenti fenici, per conoscere una notevole rinomanza in epoca romana e nuovamente con la dominazione pisana del XIII secolo e la fondazione di Iglesias. Riprende in maniera tumultuosa nel corso del XIX secolo per decadere definitivamente nel secondo dopoguerra e cessare del tutto negli ultimi decenni del XX secolo. Oggi, riconosciuto nel 1998 dall’Unesco ed istituito nel 2001, il Parco Geominerario di Sardegna persegue obiettivi di bonifica, recupero e salvaguardia delle strutture industriali legate all'attività mineraria, nonché la valorizzazione di beni naturalistici e valori culturali legati alle attività estrattive.
Mamuthones e Issohadores
I Mamuthones rappresentano un’antica testimonianza della cultura folkloristica sarda. Nati in tempi remotissimi come personaggi attivi nei riti pagani, di loro si sono persi l’origine e il significato. Quella dei Mamuthones è una cerimonia solenne, ordinata come una processione, che è allo stesso tempo una danza.
I partecipanti indossano un abito di pelliccia (mastruca di pelle di pecora nera,, senza maniche) e delle maschere di legno (visera lignea nera) raffiguranti esseri mostruosi, fermate da un fazzoletto scuro. I Mamuthones si dispongono incolonnati su due file, preceduti e circondati dagli Issohadores; curvi sotto il peso dei campanacci che portano sulla schiena, danno il ritmo alla processione con colpi di spalla all'unisono per scuotere e far suonare i campanacci. Una fila procede a piccoli passi, avanzando col piede sinistro e retrocedendo col piede destro; la fila opposta avanza col piede destro e retrocede col sinistro. Entrambe le colonne modificano il passo di danza con una variante di tre piccoli passi eseguiti più velocemente.
Il rituale si pone come vera e propria tecnica magica atta a intervenire sulle forze della terra e degli antenati esorcizzano quelle del male, propiziando prosperità e ricchezza ai propri figli.
Orfani di vento
La nuova indagine che viene affidata al commissario Diamante del reparto speciale antisette e anti abusi psicologici, riguarda l’omicidio di un giovane valdese omosessuale.
A Torre Pellice, al centro delle valli valdesi, dove si reca insieme al collega Ricci, Diamante scopre non solo il pesante coinvolgimento omofobo di un gruppo di adolescenti autodefinitisi “veri cattolici” e della loro insegnante di religione, ma anche inquietanti collegamenti con la setta New Moon e il suo fondatore, un abile mistificatore e spacciatore di illusioni, quel che si dice un “falso profeta”. Lo stesso criminale imbroglione con il quale, pochi anni prima, si è tragicamente incrociata la vita stessa del commissario.
Dalle valli valdesi in Piemonte al bosco di Diana a Nemi nel Lazio, un’indagine che sarà l’occasione per fare giustizia, ma anche per affrontare il delicatissimo tema della libertà individuale.
Ritorna Federico Diamante, il commissario tormentato da un passato tragico quanto indelebile, la cui prima storia era stata narrata da Marisa Andalò in Hotel Miniera.
Se nella prima indagine la scrittrice si addentrava nel microcosmo cupo di una Sardegna dolente e misteriosa, in Orfani di vento descrive invece il mondo atroce delle sette e di tutto ciò che ruota intorno ad esse in maniera cruda, dura e realistica. Com’è cruda, dura e violenta la realtà a cui fa riferimento.
Quella di Marisa Andalò è una scrittura agile e ispirata, per un giallo psicologico dai personaggi credibili e umani, a cominciare da Federico Diamante che si misura questa volta con il suo odiato nemico, il diabolico santone responsabile del suicidio della figlia e della conseguente follia della moglie del commissario.
La passione per il cinema della scrittrice risulta evidente in più di un passaggio della narrazione, dalle citazioni hichcockiane ai voluti richiami a un classico dell’horror satanico quale Rosemary's baby di Polanski. Ma ogni omaggio viene filtrato attraverso lo stile personale dell’autrice, che libera la sua immaginazione alternando momenti di tensione e di angoscia a improvvisi squarci poetici.
Il Book Trailer di “Orfani di vento”

Il regista Antonio Bido ha realizzato un breve cortometraggio di presentazione del libro, che in realtà è ben più di un semplice “spot” creato in occasione del lancio commerciale…
Il tarlo del male
Il tarlo del male, ovvero dell’incomunicabilità, dell’affettività negata, di amori distratti e relazioni inesistenti nell’era della comunicazione di massa, di internet e dei cellulari. Vittime predestinate i bambini, vittime conclamate quegli adulti che, per diversi motivi, hanno alle spalle storie d’infanzia negata.
Diamante, chiamato a Padova per indagare su una serie di misteriosi matricidi, è costretto a constatare che, per strade diverse, tutte le persone implicate, vive e morte, cercano o hanno cercato disperatamente di uscire dal collo di bottiglia di una vita insopportabile, perché vuota se priva di amore; e che tutti sperano o hanno sperato in una specie d’instabile equilibrio.
“Credita non semper sulci cum fenere reddunt”. È uno dei farneticanti messaggi in latino trovati tra le dita delle madri, vittime degli omicidi. “Non sempre si rivelano giuste le strade tracciate dai genitori per i propri figli!”.
Al cane Mimì, contrappunto di bene disinteressato e di positività al male umano, e a Miriam, la moglie pazza di Diamante, il compito di riempire quel vuoto.
Ho cominciato a scrivere Il tarlo del male alcuni anni fa. Si trattava di un soggetto cinematografico e s’intitolava Lettere d’amore offresi. In seguito, quel soggetto è diventato sceneggiatura con la collaborazione di Antonio Bido. A lui devo le scene più cruente e visionarie del copione, alcune delle quali sono rimaste nel romanzo. Prima di trasformarsi in narrazione, la sceneggiatura è stata molto vicina a diventare film, per altro sua naturale destinazione, ma – come spesso accade nella produzione cinematografica – promesse, impegni, persino contratti sono finiti in un nulla di fatto!
A questo punto Il tarlo del male è rimasto a lungo chiuso nel cassetto virtuale del mio pc. Ero certa che non l’avrei più ripreso “in mano”, anche perché la delusione e la beffa della mancata trasposizione cinematografica erano state cocenti, ma poi Il tarlo ha ricominciato a scavare, ricordandomi che a quella storia ero stata particolarmente legata. Piano piano mi sono convinta che forse un commissario come Federico Diamante avrebbe potuto far luce – meglio del suo collega “sceneggiato” – sulle vicende terribili e le lancinanti ferite dell’anima raccontate nella sceneggiatura. Meglio perché, a differenza del commissario un po’ di maniera inventato apposta per il film, Diamante vantava la tragica esperienza di un personaggio al quale avevo attribuito capacità d’introspezione e particolari risorse, umane e mentali, molto più incisive e approfondite. In definitiva: Federico Diamante era già stato protagonista di due importanti indagini, una in Sardegna e l’altra in Piemonte, e il Reparto della Polizia di cui faceva parte, antisette e anti abusi psicologici, sembrava essere, ancora una volta, il più adatto non tanto a risolvere, quanto a capire il perché di tanta, ricorrente, malvagità umana.
Non ho avuto bisogno d’interpellarlo: ci ha pensato la sua dirigente a interrompere la breve vacanza a vela che Diamante stava assaporando da tempo e a richiamarlo al suo dovere di scandagliare la complessità del male. Soprattutto quando, come a Padova, il Male con la ‘m’ maiuscola sembrava aver intaccato anche la delicata relazione genitori-figli. Una relazione che nella vita del commissario era stata bruscamente, atrocemente interrotta.
Da quel momento Il tarlo del male è diventato romanzo.
Letture di brani del volume
drammatizzate da Giacomo Zito e Chiara Di Stefano
Teatro Bernini – Ariccia, 10.12.2017

Il commissario Diamante

Il prof. Negri
Siamo sotto assedio, Corrado, – dice Diamante sfogandosi con il collega più giovane – non c’è nessuno che è in sintonia con l’altro, siamo tutti in riga davanti al plotone d’esecuzione… Sai che ti dico? Che in un contesto di guerra l’ingrediente principale, l’arma letale, è il coraggio! Ce l’abbiamo, noi, il coraggio? Il coraggio di ammettere che abbiamo fallito e che il vuoto esiste?
Racconti online
I seguenti racconti sono stati pubblicati online tra il 2020 ed il 2021 sul sito dell’Associazione e Centro Didattico Apeiron, nelle cui équipes psicopedagogiche Marisa Andalò ha collaborato attivamente.